lunedì 29 aprile 2013

L'energia alternativa costerà ancora troppo


L'energia alternativa costerà ancora troppo

  • 25 aprile 2013
di Michela Finizio
Nella foto un tetto fotovoltaico (Marka)
Nella foto un tetto fotovoltaico (Marka)

Produrre energia green in casa propria costa ancora troppo. E a luglio, quando si chiuderà il V Conto Energia e le detrazioni fiscali scenderanno al 36%, sarà ancora più oneroso per i piccoli proprietari immobiliari. L'adozione di una fonte rinnovabile consente sicuramente di alleggerire la bolletta, ma la convenienza viene erosa da elevati costi iniziali ed è estremamente variabile, in base alle caratteristiche climatiche e strutturali dell'edificio.
Per analizzare se e quanto converrà produrre energia green da fonti alternative, Casa24 Plus ha chiesto all'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano di elaborare una simulazione sull'impatto di alcuni impianti (fotovoltaico, solare termico, caldaia a biomasse, pompa di calore geotermica) in edifici residenziali, in particolare in una villetta monofamiliare e in un condominio medio con 15 appartamenti. Dai risultati appare evidente come il destino del fotovoltaico sia strettamente legato al sistema incentivante: i tempi di ritorno per un tetto fotovoltaico si allungano oltre i 15 anni con la sola detrazione del 36% delle spese iniziali, oltre allo scambio sul posto (vedi grafico a fianco).
Per esempio, su una villetta in Calabria (più in generale al Sud) un impianto di 3 kilowattora di potenza costa 6.900 euro e genera un risparmio annuo in bolletta di 630 euro: i proprietari inizierebbero a guadagnarne solo dopo 19 anni, considerando anche i l'attualizzazione dei flussi di cassa annui futuri (ad un tasso del 4% circa) e spese annue (di assicurazione, gestione e manutenzione) pari a circa 100-150 euro. Al Nord lo stesso investimento, con meno giornate di sole, taglia i costi di 490 euro l'anno, ma spalma i tempi di rientro fino a 30 anni. «In genere al Sud – afferma Marco Alberti dell'Energy & Strategy Group – le condizioni climatiche portano a preferire interventi che coprano il fabbisogno elettrico, più richiesto per il condizionamento dei locali, e il fotovoltaico risulta vantaggioso, vista la maggiore presenza di sole. Al Nord, invece, risultano più efficaci interventi per il fabbisogno termico, essendo il riscaldamento la principale voce di costo».
L'intera simulazione è stata elaborata proiettando il sistema incentivante a inizio luglio (quando sarà possibile detrarre solo il 36% delle spese iniziali e accedere al Conto termico) e ai prezzi correnti dei moduli, che probabilmente a luglio si abbasseranno per andare incontro alle nuove esigenze di mercato. «Il pay back time si allungherà – aggiunge Alberti – perché la quota detraibile che tornerà in 10 anni sarà nettamente inferiore». La sola attualizzazione dei flussi monetari, secondo le simulazioni del Politecnico, sposta in avanti di circa 8 anni il rientro dell'investimento.
Sarà invece più "conveniente" il solare termico al Sud, dove bastano meno metri quadrati di impianto, rispetto al Nord, per coprire i consumi di acqua calda sanitaria di un condominio: dimensionati sul 70% del fabbisogno, i pannelli faranno risparmiare fino a 3.440 euro l'anno, ripagando l'investimento in 10 anni. In questo caso si potrà richiedere l'incentivo del Conto termico, appena entrato in vigore, che per impianti superiori ai 35 kw consente di recuperare in 5 anni una cifra considerevole.
Lo stesso incentivo varrà per una caldaia a biomasse (ad esempio pellet) o una pompa di calore geotermica (che preleva il calore da una sonda verticale sottoterra) abbinata a terminali di riscaldamento a pannelli radianti. Ma in questo caso i costi lievitano e i tempi di ritorno si allungano nuovamente. Installare una caldaia a pellet (16 kw termici di potenza) in una villetta costa 9.600 euro e diventa conveniente in un orizzonte di 15-20 anni, senza contare gli oneri di approvvigionamento della materia prima. Anche se poco diffuse a livello centralizzato, queste caldaie risultano particolarmente incisive in condominio, specie al Nord: un impianto di 150 kw di potenza termica costa fino a 60mila euro, ma una volta in funzione la bolletta si riduce di 5.390 euro l'anno e l'investimento rientra in soli sei anni. Le pompe di calore geotermiche scontano ancora gli elevato costi di perforazione e la disponibilità degli spazi dove trivellare: richiedendo investimenti iniziali che toccano i 15mila euro per una villetta monofamiliare e 95mila per un condominio.
Nonostante i costi eccessivi e i vantaggi non immediatamente percepibili, l'urgenza di intervenire in Italia sul patrimonio edilizio esistente attribuisce all'auto-produzione di energia green un ruolo importante: «Bisogna procedere in parallelo – aggiunge Alberti – intervenendo prima di tutto sulla struttura dei numerosi edifici-colabrodo (ad esempio con isolamento a cappotto, ventilazione, cambio degli infissi, ndr) e poi adottando le rinnovabili, ma non a tappeto. In alcuni contesti può diventare conveniente, in altri meno. Il giusto intervento è un mix di diverse scelte, l'approccio dev'essere sistemico e la convenienza di un impianto rinnovabile dipende da numerosi parametri di contesto, climatico e di fabbisogno dell'edificio».
Nel 2012 la spesa per le rinnovabili è stata di poco superiore ai 9,6 miliardi di euro e il 63% è stato investito nel fotovoltaico. Il 70% delle utenze termiche residenziali è ancora alimentato da caldaie tradizionali, il 20% da caldaie a condensazione e solamente un 10% da varie fonti rinnovabili (biomasse, geotermia o pompe di calore ad aria, meno costose). Secondo la Strategia energetica nazionale presentata l'8 marzo scorso dai ministri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, nel 2020 il 19-20% dei consumi totali lordi saranno coperti da fonti rinnovabili, con un contributo pari al 35-38% su quelli elettrici e del 20% su quelli termici.
Fonte : Caa24plus

domenica 28 aprile 2013

Il nuovo Governo e il Mattone: le richieste delle associazioni


Il nuovo Governo e il Mattone: le richieste delle associazioni

venerdì 26 aprile 2013

Appello congiunto dei proprietari immobiliari per rilanciare il settore messo in ginocchio dalla crisi
Sviluppare il mercato dell’affitto, contrastare la crisi del mercato immobiliare e incentivare l’attività edilizia deve costituire una priorità per realizzare obiettivi di ripresa economica e di tenuta sociale. Sarà possibile intraprendere questa strada se lo Stato assumerà iniziative coerenti e se la fiscalità immobiliare sarà adeguata a principii di equità e di razionalità. Partendo da questi convincimenti, le associazioni APPCASPPIConfedilizia e Unioncasasi rivolgono al Presidente del Consiglio incaricato Enrico Letta affinché il programma di Governo muova in questa direzione. A questo proposito, le quattro associazioni indicano le misure immediate da adottare per produrre risultati concreti e ricreare un clima di fiducia e di aspettative positive fra proprietari di immobili, locatori e conduttori, operatori del mercato immobiliare e imprese.
Secondo le associazioni è innanzitutto indispensabile applicare l’aliquota IMU del 4 per mille ai contratti di locazione a canone concordato che sono a rischio sopravvivenza con il venir meno dei vantaggi fiscali che ne hanno accompagnato l’istituzione. Si chiede poi lo slittamento al 2014 dell’entrata in vigore della Tares, cosicché il nuovo Parlamento possa riesaminare e correggere i meccanismi del tributo, additati come pesantemente iniqui. Si chiede inoltre lo scorporo della riforma del Catasto dalla delega fiscalevarata dall’attuale Governo e, da ultimo, la proroga dei termini per le detrazioni fiscali relative alle ristrutturazioni edilizie e al recupero di efficienza energetica degli immobili.
Fonte : Quotidianocasa.it

lunedì 22 aprile 2013

Parti comuni danneggiate dai lavori in casa? Paga l'impresa


Parti comuni danneggiate dai lavori in casa? Paga l'impresa

  • 18 aprile 2013
di Augusto Cirla
(Corbis)
(Corbis)
Il condomino che intende procedere con lavori di ristrutturazione del proprio appartamento deve darne preventiva notizia all'amministratore, in particolar modo nel caso in cui le opere, pur se riguardanti in primo luogo la singola unità immobiliare, vanno in qualche modo a interessare le parti o i servizi comuni. Il proprietario committente deve, dal canto suo, controllare che i lavori siano svolti secondo le direttive concordate con l'impresa incaricata di eseguirli, la quale deve invece svolgere le proprie attività utilizzando la diligenza e la perizia necessaria al caso concreto, non solo attenendosi al progetto, ma anche segnalando eventuali errori o carenze progettuali riscontrate in base alle proprie cognizioni tecniche oppure durante la stessa esecuzione dei richiesti interventi.

APPROFONDIMENTI

Fermi questi limiti, l'impresa deve operare in piena autonomia, con una propria organizzazione e con propri mezzi. Il suo compito finale è quello di consegnare al condomino il risultato della sua opera. A ciò consegue che essa deve ritenersi unica responsabile dei danni che eventualmente possono derivare a terzi nell'esecuzione dei lavori. Oltre che rispondere infatti dei vizi dell'opera, quando cioè questa manchi di qualità per il tipo di materiale utilizzato o per le modalità con cui è stata eseguita, è anche responsabile per i danni che eventualmente provoca a beni o impianti condominiali: si pensi alla rovina del portone condominiale durante il passaggio dell'automezzo dell'impresa dall'androne comune oppure alla inavvertita rottura di una tubazione del servizio di riscaldamento durante la sostituzione dei termosifoni, magari con conseguente allagamento di spazi condominiali.
Per i lavori mal eseguiti, l'impresa risponde direttamente nei confronti del committente, sempre che costui osservi l'obbligo di denunciare all'impresa stessa le difformità e i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza da ogni diritto (articolo 1667, Codice civile): è sufficiente una lettera raccomandata con cui la si invita a intervenire per eliminarli. La denuncia non serve nel caso in cui sia la stessa impresa a riconoscerne l'esistenza, accompagnata dall'impegno di provvedere alla loro eliminazione.
Nel caso invece di danni arrecati al condominio (oppure, in genere, a beni di qualsiasi altro condomino), è bene che la denuncia all'impresa sia fatta immediatamente, dandone ovviamente contestuale notizia all'amministratore o al diretto danneggiato.
Ciò non elimina però la diretta responsabilità del committente condomino a rispondere dei danni provocati dall'impresa a cui lui ha appaltato i lavori di ristrutturazione della propria unità immobiliare, ancor più quando magari si accerti che questi siano stati affidati a un'impresa assolutamente inidonea a svolgerli.
Si apre a questo punto un duplice scenario, nel senso che il danneggiato deve richiedere il risarcimento del patito danno al condomino, che a sua volta si rivolgerà all'impresa autrice del danno per chiederne il ripristino e quant'altro.
Il condomino, in buona sostanza, è il primo a essere chiamato a risarcire il danno causato dall'impresa da lui scelta. Il che non significa però che debba immediatamente provvedere al pagamento del risarcimento in attesa che vi provveda l'impresa o la compagnia di assicurazione da cui questa chiede di essere manlevata: è pacifico peraltro che quest'ultima debba necessariamente rispondere anche per fatti colposi del danneggiante assicurato, salve naturalmente eventuali clausole limitative del rischio (Cassazione, 26 febbraio 2013 n. 4799). Se da un punto di vista strettamente giuridico chi cagiona ad altri un danno è infatti obbligato a risarcirlo (articolo 2043, Codice civile), è vero che se l'impresa si offre subito non solo di ripristinare il bene danneggiato, ma anche di provvedere, tramite la propria assicurazione, a corrispondere al danneggiato il giusto compenso per il pregiudizio subito, non v'è dubbio che il singolo condomino, sebbene indirettamente responsabile del danno, dovrà considerarsi esonerato da qualsivoglia altro contributo.
Neppure è pensabile che di fronte alla dichiarata concreta disponibilità del danneggiante di risarcire integralmente il danno subito dal condominio, sebbene negli accettabili tempi imposti dalla propria compagnia di assicurazione, questi possa pretendere di ottenerlo dal singolo condomino in via giudiziaria, venendo a mancare, in siffatta situazione, l'interesse a radicare un giudizio che addirittura potrebbe vederlo soccombente sotto il profilo della temerarietà del radicato contenzioso.
Fonte : Casa24plus

Il mattone italiano piace all'estero: il 17% delle ricerche dalla Germania, i francesi preferisono Roma


Il mattone italiano piace all'estero: il 17% delle ricerche dalla Germania, i francesi preferisono Roma

  • 22 aprile 2013
di Michela Finizio
Il mattone italiano fa gola agli stranieri. Complice la crisi del credito in casa nostra e le difficoltà economiche che frenano le compravendite in tutto il Paese (-25% circa nel 2012), i buyers più dinamici di residenze vengono dall'estero. Con una particolare predilezione per la Capitale, gli stranieri che cercano la casa dei propri sogni in Italia sono in crescita. A dirlo è la rilevazione di Immobiliare.it e del suo partner internazionale LuxuryEstate.com
I francesi cercano casa a Roma, gli inglesi puntano su Milano, i norvegesi scelgono Asti e i messicani Lecce. Ecco alcune delle tendenze che emergono dall'analisi delle ricerche di immobili, provenienti da oltreconfine: i due siti hanno messo sotto la lente gli accessi compiuti dall'estero verso l'Italia da gennaio 2013 ad oggi. Gli stranieri, lo sappiamo, amano l'Italia e spesso vogliono anche comprar casa nella nostra nazione, ma tuttavia il loro interesse si focalizza su aree diverse in base alla loro provenienza.
Roma è in assoluto la provincia in cui si dirige il maggior numero di stranieri, con il 9% delle ricerche. Sulla Capitale si concentrano quasi il doppio dei "desiderata" degli acquirenti internazionali rispetto alla seconda provincia in classifica, Como che, a pari merito con Milano, raccoglie il 5% di tutte le ricerche effettuate dall'estero. Seguono poi Verona e Imperia (entrambe al 3%).
Sono soprattutto i tedeschi a sognare una dimora italiana, per le vacanze o per trasferirsi e passare magari gli anni della pensione. Dalla Germania arriva il maggior numero di ricerche, con una percentuale del 17%; a seguire dalla Svizzera, con il 14%, e dalla Gran Bretagna il 10%). Non mancano, tra le prime 15 nazioni per numero di ricerche, sorprese come il Brasile, la Slovacchia e la Slovenia: anche qui, evidentemente, è forte l'interesse per gli investimenti sul mattone italiano.
È nelle preferenze mostrate dagli stranieri, tuttavia, che troviamo gli elementi più interessanti: se i tedeschi non sorprendono, orientandosi prevalentemente tra le province di Verona, Roma e Brescia, i nostri cugini francesi amano Roma e Milano, ma non disdegnano località marittime come quelle in provincia di Imperia. Gli inglesi, che da sempre fanno dell'Italia una meta privilegiata per gli investimenti immobiliari, puntano a Milano e Roma, seguite da Imperia, La Spezia e Bari.
I russi, invece, si confermano interessati a località di prestigio: Oristano, Roma e Venezia rappresentano le province più cliccate. Milano, pur tanto visitata dai ricchi russi in tempo di saldi, è solo quarta nella classifica delle ricerche. Alcune curiosità: la provincia più ambita dai cittadini dei Paesi Bassi è quella di Forlì-Cesena, per gli svedesi è Palermo, per i norvegesi è Asti, per i danesi è Trento, per gli irlandesi è quella di Monza-Brianza.
Spostandosi fuori dall'Europa il quadro cambia ancora: tra i cittadini degli Stati Uniti, ad esempio, la provincia più richiesta è quella di Vicenza, chiaramente per via della base militare dell'Esercito degli Stati Uniti di Camp Ederle. Seguono poi le province di Ragusa, Isernia e Firenze. Le indagini immobiliari compiute dai cittadini argentini, invece, indicano Roma come meta ideale, forse per merito dell'elezione di un loro connazionale al soglio pontificio. Anche i canadesi puntano a Roma, che è seguita da Cosenza, Grosseto, Milano e Benevento. Scelte poco turistiche, queste, che fanno pensare ad una immigrazione di ritorno più che a specifici investimenti lucrativi. Tra i risultati più curiosi: la provincia più ambita nelle ricerche provenienti dalla Turchia è Arezzo, dall'Australia è Como, dall'Indonesia è Firenze, dall'Algeria è Parma, dal Messico è Lecce.
«Oggi il 2% di chi punta all'acquisto di un immobile in Italia non è residente nel nostro Paese– ha dichiarato Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Gruppo Immobiliare.it – e rilevare questo interesse da parte degli stranieri è un fattore positivo che fa bene al nostro mercato immobiliare. Quel che è importante è che, da Nord a Sud, tutta l'Italia rientra nei gusti e nei progetti di investimento delle altre nazioni del mondo, non solo i tradizionali luoghi del turismo e degli affari». Se ci si concentra solo sugli immobili di pregio, però, il quadro cambia: il mercato del lusso vede la presenza straniera salire ad oltre il 9 per cento. Stando alle rilevazioni di LuxuryEstate.com, la ricerca di immobili si concentra su Roma e Milano, innanzitutto, seguite dalla zona delle colline toscane, la provincia di Genova (Santa Margherita Ligure in primis), Cortina d'Ampezzo (Bl) e la Costa Smeralda (Ot).
Fonte : Case24plus

mercoledì 17 aprile 2013

Anche i coltelli diventano di legno: Maple Set, il progetto di The Federal


Anche i coltelli diventano di legno: Maple Set, il progetto di The Federal

16 APRILE 2013 

Voglia di essenze naturali. Sempre più spesso incontriamo esempi di oggetti per la casa, in particolare per la cucina che vengono realizzati in legno. Così dopo aver apprezzato la collezione di bicchieri e bottiglie di Pauline Deltour per Discipline, ecco il set di coltelli Maple, un concept (per il momento quindi non sono ancora in vendita) dello studio canadese The Federal. Il corpo di questi utensili è realizzato interamente in legno d’acero, mentre la lama è in metallo lucidato.
Un altro passo verso una cucina ‘total wood‘.






Fonte : ATCasa

Certificare il fotovoltaico in un click


Certificare il fotovoltaico in un click

martedì 16 aprile 2013

E' online Pvcert, il sistema rapido che permette di ottenere la documentazione per l'accesso al Conto Energia
Da ieri è possibile utilizzare Pvcert, il nuovo servizio online che il Gestore Servizi Energetici ha reso disponibile per ottenere certificazioni e attestazioni sui principali componenti degli impianti fotovoltaici, necessarie per accedere agli incentivi previsti dal IV e V Conto Energia. Si tratta di una procedura rapida che permette di capire se un prodotto di una determinata marca possiede le certificazioni indispensabili per l’accesso agli incentivi. L’accesso al sito web (www.pvcert.gse.it) per la ricerca dei documenti è libero, mentre l’accesso per l’immissione dei documenti da parte dei soggetti interessati avviene mediante registrazione.
Quali sono i soggetti abilitati all’inserimento della documentazione? Il sistema li distingue in due tipologie: i Soggetti fornitori, coloro che immettono in Pvcert la documentazione relativa ai moduli degli inverter fotovoltaici, e gli Organismi di rilascio, cioè coloro che rilasciano certificazioni e attestazioni per i moduli e gli inverter fotovoltaici. Gli utenti che, invece, ricercano la documentazioni relativa ai propri impianti dovranno inserire il nome del produttore o la sigla del modulo/inverter. In questo modo, partendo semplicemente dalla marca e dal modello dei componenti dell’impianto fotovoltaico se ne potranno ottenere attestati e certificazioni.
Fonte : Quotidianocasa.it

Riqualificazione energetica: il successo della detrazione al 55%


Riqualificazione energetica: il successo della detrazione al 55%

mercoledì 17 aprile 2013

Significativo aumento degli interventi in cinque anni, anche se il 2010 rimane quello di punta
L’Enea – l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ha presentato pochi giorni fa al Ministero dello Sviluppo economico il Rapporto 2011 Le detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, che fornisce il quadro complessivo degli interventi realizzati sugli edifici residenziali secondo la normativa vigente. Il risparmio energetico in energia primariaattribuibile agli interventi di riqualificazione energetica che hanno beneficiato degli incentivi fiscali previsti dalla Legge 296/06 è stato nel 2011 superiore a 1.435 GWh/anno, con una conseguente riduzione di CO2 emessa in atmosfera pari a 305 kt/anno. Le richieste d’intervento sono state 280.700 per investimenti complessivi superiori a 3.300 milioni di euro e il valore complessivo degli importi portati in detrazione è di oltre 1.800 milioni di euro. Il costo medio per intervento è di 11.780 euro con un risparmio medio di circa 5 Mwh/anno.
Anche se con una forte disomogeneità tra le varie regioni d’Italia, nell’insieme il rapporto segnala una riduzione del numero di pratiche inviate ad Enea rispetto a quanto osservato nel 2010. Quest’ultimo rimano quindi l’anno in cui si è registrato il maggior numero di interventi. Complessivamente, a conferma del successo ottenuto da questo sistema di incentivazione, i dati presentati da Enea mostrano che dal 2007 al 2011 ha subito un ciclo di riqualificazione energetica il 5,5% del patrimonio edilizio nazionale e ha beneficiato della campagna delle detrazioni al 55% circa il 5% delle famiglie italiane.
Fonte : Quotidianocasa.it

Progetti di recupero raddoppiati in tre anni, ma solo il 3% delle abitazioni italiane è green


Progetti di recupero raddoppiati in tre anni, ma solo il 3% delle abitazioni italiane è green

  • 17 aprile 2013
di Michela Finizio
Il mercato delle costruzioni rallenta sensibilmente, ma nel frattempo i progetti di sviluppo ''green'' sono in crescita. In particolare, stando al campione internazionale McGraw-Hill Construction delle imprese di costruzione, la quota di quelle aventi in portafoglio oltre il 60% di progetti di trasformazione urbana sostenibile (green projects) risulta raddoppiata dal 2009 al 2012 (rispettivamente 13% e 28% di imprese) e si prevede che raddoppierà ulteriormente entro il 2015 (51% di imprese).
Lo rileva la ricerca «Abitare Verde: tendenze in atto e futuri driversi di mercato» realizzata da Nomisma e Pentapolis, che sottolinea come tale crescita caratterizzi trasversalmente i Paesi considerati avanzati e quelli cosiddetti in via sviluppo. A fine 2012, gli investimenti destinati al settore residenziale in Italia ammontano a 69,6 miliardi di euro, di cui ben 44,8 miliardi relativi ad interventi di manutenzione straordinaria, in cui rientrano investimenti in retrofit energetico e riqualificazione del patrimonio abitativo esistente.
A tal proposito, Cresme ed Enea hanno stimato che, grazie al sistema di agevolazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica, a dicembre del 2011 era stato attivato un volume complessivo di 1,4 milioni di interventi, per un controvalore di investimenti pari a 17 miliardi di euro (in media 12.150 euro per singolo intervento) che ha registrato una rilevante attivazione di economia a basso contenuto esportativo stimabile in oltre 50mila nuovi posti di lavoro nei settori dell'edilizia e dell'indotto (dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati).
L'attenzione all'ambiente e alla salute costituiranno sempre di più i fattori trainanti del mercato immobiliare. Sulla base di una selezione di alcune caratteristiche "green" (caldaia di ultima generazione, infissi ad alte prestazioni energetiche, isolamento muri esterni, elettrodomestici a basso consumo, riduttori flusso dell'acqua, riciclo delle acque e utilizzo di materiali non nocivi alla salute) è stato ricostruito l'identikit "abitativo" delle famiglie italiane.
Solo il 3,2% già possiede tutti i requisiti "verdi", il 24% invece non ha ancora nessuna delle caratteristiche selezionate. A fronte di un 12,1% in reale cammino verso pratiche a basso impatto, fa da contraltare un 60,7% di famiglie dove sono riscontrabili solo sporadiche attenzioni alle prestazioni energetiche e ambientali della propria casa. Ad attenuare tali distanze sono le caratteristiche anagrafiche dei profili descritti, secondo cui i giovani connotano maggiormente le famiglie eco, mentre gli over 65 quelle black o grey. «Ad oggi, quindi - afferma Massimiliano Pontillo, Presidente di Pentapolis - le pratiche di green building cominciano ad essere una realtà, il mercato italiano può contare su una domanda in veloce crescita, anche se ancora non in grado di imprimere una reale conversione al settore e a tutta la filiera, ma il cui orientamento inizia a pesare».
Infatti, tra i fattori determinanti nell'eventuale scelta di un'abitazione – trascurando le variabili cruciali di prezzo e localizzazione – risulta principalmente la classe energetica dell'edificio (22,8% delle famiglie) e la tipologia nuova o ristrutturata dell'immobile (19,5%) occorre sottolineare come il 15,1% ponga attenzione all'utilizzo di materiali non nocivi alla salute e il 14,7% alla presenza di impianti di energia rinnovabile. Stesso orientamento hanno le dichiarazioni degli italiani relative agli interventi strutturali che intendono realizzare nelle abitazioni. Se negli ultimi anni le famiglie hanno privilegiato interventi sugli infissi (10,5%) o sulle caldaie (12,0%) – soprattutto grazie al ricorso agli incentivi fiscali – nei prossimi mesi preferiranno interventi per l'isolamento termico dei muri esterni (cappotti e coibentazioni) o per "bonificare" le proprie mura domestiche da materiali considerati nocivi per la salute (intonaci vecchi, materiali trattati, etc) o anche per dotarsi autonomamente di impianti di energia rinnovabile.
«Anche in Italia, quindi – continua Pontillo – in un quadro di progressivo deterioramento del contesto sociale ed economico, emerge un nuovo ciclo nell'edilizia orientato al rinnovo del patrimonio disponibile con l'utilizzo di tecniche di bioedilizia già da tempo sperimentate sui mercati globali di riferimento». La necessità di intervenire sul costruito è giustificata dalla vetustà del patrimonio immobiliare, in particolare nei centri urbani di maggiori dimensioni. ) e dalla breve vita degli impianti. Sembrerebbe, quindi, non esserci più alcun alibi per non riconoscere la nascita di una richiesta di mercato che spinge rapidamente il settore a rendere visibili, misurabili e verificabili due fattori essenziali: qualità e sostenibilità.
Fonte : Casa24plus

lunedì 15 aprile 2013

Mutuo con tasso fisso o variabile, ecco alcuni suggerimenti utili


Mutuo con tasso fisso o variabile, ecco alcuni suggerimenti utili

Alcuni suggerimenti per scegliere al meglio un mutuo con tasso fisso o variabile



Quante volte vi siete posti la domanda, conviene di più un mutuo a tasso fisso o variabile? Il tasso fisso o variabile va a gravare in modo differente sulle rate mensili, quindi ecco alcuni suggerimenti utili per capire quale tipo di tasso fa al caso vostro.
Tra i fattori da tenere in considerazione per un mutuo vi sono: posizione lavorativa, cioè che tipo di contratto e di lavoro si possiede; posizione finanziaria, poiché occorre calcolare quanto mensilmente si può versare per la rata del mutuo; denaro indispensabile per le spese iniziali del mutuo, burocratiche e notarili. Con un mutuo a tasso fisso le rate sono molto più alte, ma non si rischiano ipotetici aumenti nei tassi di interesse. Con un mutuo a tasso variabile si risparmia momentaneamente, ma si rischiano sgradevoli sorprese future.
Qualora si presentasse l'occasione di riuscire ad avere un mutuo con un tasso fisso del 5% non sarebbe da sottovalutare, ma se il tasso fisso supera il 5% non è il caso di prenderlo in considerazione; da tenere presente la validità dell'Euribor attuale, che condizionerà le rate di un mutuo a tasso variabile, facendole aumentare o calare, ma non avrà nessun tipo di valenza sul mutuo a tasso fisso.
Il mutuo a tasso variabile cambia in funzione al tasso Euribor, ma il mutuo a tasso variabile con CAP cambia esattamente come il primo, con l'unica differenza di avere un tasso limite, che per tutta la durata del mutuo non può essere oltrepassato.
Sono in crescita le persone che optano per un tasso misto, le agevolazioni per questo tipo di tasso sono palesi: ci si garantisce per i primi anni un tasso variabile, con la probabilità di procedere dopo un po' di tempo con il tasso fisso. L'aumento di persone che decidono per unmutuo a tasso misto, documenta che gli italiani non accettano in modo passivo le proposte delle banche, ma se reputano che l'affare sia di loro interesse, allora sono pronti a delle scelte anche più complicate del consueto.
L'esperto Roberto Anedda dichiara che sempre più persone si indirizzano a un mutuo a tasso variabile: un buon 70% contro il 20% che scelgono un mutuo a tasso fisso. Secondo Roberto Anedda potrebbe essere utile aspettare il 2014, poiché probabilmente i tassi d'interesse saranno più bassi e potranno essere paragonati a quelli degli altri paesi europei. 
Fonte : Supermoney

Riscaldamento, meno consumi grazie alla domotica


Riscaldamento, meno consumi grazie alla domotica


di Francesco Nariello
Il risparmio energetico passa anche dai sistemi di regolazione della temperatura. Dai cronotermostati agli impianti wireless per la gestione del calore in ciascuna zona della casa, con l'utilizzo di valvole manuali o di comandi a infrarossi. Tenere sotto controllo i consumi, calibrando il livello di utilizzo dei riscaldamenti, è una delle soluzioni più gettonate per tagliare la bolletta. E permette di ottenere risultati più o meno marcati a seconda della soluzione scelta, della situazione di partenza e del fatto che si intervenga in un singolo appartamento, su un impianto autonomo, o in condominio, su un centralizzato.A mostrare l'interesse di privati e operatori per la termoregolazione, in ottica risparmio energetico, è l'ultima ricerca di Honeywell Evc Italia, azienda specializzata in progettazione e realizzazione di sistemi di regolazione automatica, che ha coinvolto circa mille soggetti tra installatori termoidraulici e utenti finali, prendendo in considerazione sia proprietari di abitazioni indipendenti (50,5% degli intervistati) sia residenti in condominio (49,5%).Nel dibattito alimentato dalla riforma del condominio, che ha previsto espressamente (nuovo articolo 118, comma 4, Codice civile) la possibilità di distacco dal centralizzato – scatenando le proteste di ambientalisti, enti locali e associazioni in nome del risparmio energetico – entra a pieno titolo, quindi, anche il "fattore" regolazione.L'inserimento di un avanzato sistema di gestione della temperatura all'interno di un appartamento, infatti, è in grado di conferire un elevato grado di autonomia ai sistemi di riscaldamento centralizzato dotati contabilizzazione consumi. Sopratutto se installato nell'ambito di un lavoro di efficientamento complessivo dell'impianto condominiale.Dalla ricerca emerge che oltre la metà degli interpellati (il 55,7%) ha installato nella propria casa un cronotermostato con regolazione della temperatura in base a programmi orari, mentre il 14% del campione è già passato a un sistema "a zone", che permette di monitorare e gestire in modo puntuale, via wireless, la distribuzione del calore domestico. Intorno al 18% la diffusione di termostati standard (senza programmi orari) e teste termostatiche manuali (montate sui termosifoni), mentre è ancora bassa la quota di chi opta su domotica e controllo a distanza (2,2 e 3,3 per cento).«La fetta di mercato più appetibile per l'installazione di sistemi di regolazione avanzati – spiega Umberto Paracchini, marketing & communication manager di Honeywell per il Sud Europa – è quella degli impianti condominiali a colonna montante, più o meno l'80% dei centralizzati sul territorio nazionale. In tempi di crisi, si lavora sopratutto sull'esistente. E inserire una soluzione per la gestione del calore nell'ambito di un intervento di efficientamento del riscaldamento condominiale, che già prevede sostituzione caldaia e contabilizzazione, ha un'incidenza bassa sul costo totale (anche grazie alla possibilità di accedere alla detrazione del 50% per il risparmio energetico) ma può dare benefici elevati in bolletta. Con la regolazione zona per zona, ad esempio, si possono tagliare i consumi anche fino al 30 per cento».In cima alla lista delle priorità degli utenti, riguardo alla scelta di un sistema di regolazione termica per la propria abitazione, ci sono i «risparmi potenziali» sui costi di riscaldamento. A seguire figurano il «comfort», che la migliore gestione del calore può garantire, e «la facilità di utilizzo» del sistema. «Scelte che pongono l'accento sulla concretezza – sottolinea Paracchini – e che dimostrano come oggi le persone guardino all'essenziale. Non a caso aspetti come il controllo via smartphone e il design si piazzano agli ultimi posti».Dimostrano di puntare, in prospettiva, sulle soluzioni più efficaci per la distribuzione del calore in casa anche gli installatori, che dichiarano di proporre ai propri clienti, come opzione principale per ottimizzare il riscaldamento domestico, un sistema di regolazione della temperatura stanza per stanza (50% dei rispondenti). Anche se le installazioni vere e proprie effettuate dai tecnici si concretizzano, nella maggior parte dei casi (oltre l'82%), ancora in cronotermostati "classici", ai quali spesso si accompagnano teste termostatiche montate sui singoli radiatori.
Fonte : Casa24plus

Il verde urbano diventa obbligatorio per legge


Il verde urbano diventa
obbligatorio per legge

  • 21 marzo 2013
di Jada C. Ferrero
(Olycom)
(Olycom)
Pareti verdi, giardini pensili, involucri edilizi e lastrici solari green, quote comunali vincolate a investimenti botanici per la vivibilità cittadina con fondi tratti dal gettito derivante da permessi di costruire e sanzioni edilizie. E poi, tutela degli alberi monumentali, consorzi di cittadini affidatari di porzioni verdi, sponsorizzazione delle aiuole, sindaci tenuti a bilanci arborei di fine mandato.Ha un eco-profilo il pacchetto di "Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani" in vigore dal 16 febbraio, una delle ultime leggi approvate a fine legislatura (legge 10/2013). Il recepimento passa adesso al territorio. Punta a misure, in linea al protocollo di Kyoto, volte a favorire l'assorbimento delle polveri sottili e a ridurre l'effetto "isola di calore", promuovendo viali, giardini e cinture verdi intorno ai centri abitati.I paladini della sostenibilità plaudono. «Finalmente il verde, da arredo urbano, meramente estetico, diventa elemento strategico contro il climate change – ragiona da Arenzano (Genova) Marco Castagna, direttore del centro Muvita, fondazione creata dalla Provincia da anni impegnata nella formazione su temi ambientali –. Sono noti i positivi effetti di termoregolazione del verde. Dovrà essere percepito, da cittadini, progettisti, operatori immobiliari ed enti locali, come aggiunta di valore, non un onere supplementare. Purtroppo il passaggio normativo che lega lo sviluppo del verde alle sanzioni edilizie può avere ripercussioni psicologiche negative: il rischio è che sia vissuto come punitivo. Ma è un buon inizio, complessivamente. Lo scenario deve evolvere, e c'è molto lavoro da fare». 
Perché i buoni propositi non restino sulla carta, rimane da vedere se verrà superato lo scoglio del finanziamento. La legge aggancia al verde un minimo «del 50% annuo delle maggiori entrate comunali in arrivo dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal Testo unico in materia edilizia (Dpr 380/2001)». È in costituzione presso il ministero dell'Ambiente uno specifico "Comitato per lo sviluppo del verde pubblico" che predisporrà un piano nazionale. In arrivo linee guida per la realizzazione di viali e aree verdi permanenti e per la riqualificazione verde degli edifici, in particolare pubblici e scolastici, anche con pareti verticali e rinverdimento dei lastrici solari.
Il testo, poi, rafforza precedenti obblighi, come quello per i Comuni di piantare un albero per ogni bebè, anche adottato. Esisteva già (legge 113/92), con scarsa fortuna. Interessa ora solo i centri sopra i 15mila abitanti. Il tempo per la messa a dimora obbligatoria passa da 12 a 6 mesi. Toccherà alle anagrafi municipali trasmettere ai "titolari" informazioni circa tipo di albero e luogo di piantumazione. Entro un anno dal vigore, ogni Comune dovrà affrontare un censimento delle piante radicate nelle aree urbane di proprietà pubblica. E i sindaci, a due mesi dalla propria scadenza, dovranno riferire sul bilancio arboreo, raccontare cioè del numero di alberi pre e post mandato, dando conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi.
Debutta in norma la tutela degli alberi monumentali, fin qui protetti da uno sciame di leggi regionali differenti. Il ministero dell'Ambiente dovrà elaborare i criteri per il loro censimento. Alle Regioni spetterà recepire entro un anno, quindi entro il 15 febbraio 2014. Multe fra i 5 e i 100mila euro per l'ingiustificato abbattimento dei "patriarchi vegetali", il quale ha valenza penale. Il capitolo alberi monumentali è l'unico già dotato di un suo espresso budget: 2 milioni per il 2013, uno per il 2014.
Aree verdi e immobili di origine rurale riservati ad attività collettive culturali e sociali, infine, potranno essere "adottati" dai privati, con prelazione per i residenti. Saranno affidati senza bando, ma con procedure di evidenza pubblica, a cittadini consorziati. Regioni e Comuni potranno destinare incentivi per i cittadini costituiti in consorzi, anche mediante riduzione dei tributi propri. È confermata, per il 21 novembre di ogni anno, la giornata nazionale degli alberi.
Fonte : Casa24plus

proprietari a caccia di chi paga cash: 6 acquisti su 10 avvengono in contanti


proprietari a caccia di chi paga cash: 6 acquisti su 10 avvengono in contanti

lunedì, 15 aprile, 2013 - 08:17
proprietari a caccia di chi paga cash: 6 acquisti su 10 avvengono in contanti
sappiamo che il mercato dei mutui è fermo e che questo fattore incide pesantemente sulle compravendite immobiliari. eppure, se l'erogazione diminuisce del 50%, le operazioni calano del 25%. ciò significa che una grossa fetta di acquirenti paga in contanti, magari perché a sua volta è riuscita a vendere un immobile, o con risparmi a cui si è aggiunta la liquidazione del pensionamento.6 acquisti su 10 in italia oggi avvengono in modalità cash
la percentuale di chi può farlo è in aumento rispetto al passato, sebbene in italia ciò è sempre avvenuto. del resto siamo famosi per i nostri risparmi e il livello di indebitamento privato nazionale è più basso rispetto ai nostri colleghi europei. la bce ha inoltre messo in luce come i conti correnti degli italiani siano i quarti d'europa
se dunque negli anni scorsi c'era sempre chi arrivava il giorno dell'atto con la valigetta o l'assegno, oggi più che mai chi dispone del contante si trova in una situazione vantaggiosissima. innanzitutto può scegliere con tranquillità, perché i tempi medi di vendita si sono allungati. in secondo luogo può negoziare sul prezzo ma soprattutto è tranquillo perché la sua scelta non dipende dall'ok di una banca
semmai un po' d'inquietudine nasce dall'avere tanti soldi in banca, soprattutto da quando il caso cipro ha messo in evidenza che un prelievo forzoso non è impossibile. certamente è difficile che avvenga in italia, ma quando c'è un precedente mai dire mai. in caso di fallimento di una banca, inoltre, il fondo di garanzia europeo copre fino a 100.000 euro

articolo visto in il sole 24 ore

Fonte : Idealista 

Durc, chiesta la compensazione tra crediti e debiti con la PA


Durc, chiesta la compensazione tra crediti e debiti con la PA

Ance: integrare il Dl sui pagamenti alle imprese con una norma che renda più facile il rilascio del documento di regolarità contributiva

15/04/2013 - Se un’impresa possiede una certificazione attestante che gli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali accertati e non ancora versati possono essere compensati da crediti di importo uguale o superiore vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione, le dovrebbe essere rilasciato il Durc in modo automatico.
Durc, chiesta la compensazione tra crediti e debiti con la PA
È una delle osservazioni che l’Ance, Associazione nazionale costruttori edili, ha presentato durante l’audizione sulDecreto Legge 35/2013, che sblocca i pagamenti dovuti dalle Amministrazioni nei confronti di professionisti e imprese.
 A detta degli edili, il testo del decreto, che sta iniziando l’iter parlamentare per la conversione in legge, dovrebbe essere integrato con una disposizione specifica che consenta il rilascio automatico del Durc quando è possibile certificare la compensazione tra debiti e crediti dell’impresa.
 L’integrazione sarebbe in linea con le ultime pronunce del Ministero del Lavoro, volte ad agevolare il rilascio del Durc alle imprese in crisi perché possano continuare a svolgere la                        propria attività.
Con la risposta all’interpello 41/2012, infatti, il Ministero del Lavoro ha spiegato che le imprese ammesse al concordato preventivo, dopo essersi accordate coi creditori sui tempi per il pagamento dei debitipossono ottenere il Durc beneficiando di una moratoria di un anno.
Per il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti questa disposizione potrebbe migliorare la norma appena varata che a suo avviso ha “un vulnus”, cioè la mancanza di 13 miliardi per le spese in conto capitale e quindi per i lavori pubblici.
Tra le altre criticità messe in evidenza dall’Ance c’è la necessità di incrementare l’importo dell’allentamento del patto di stabilità interno da 5 a 11 miliardi di euro nel 2013 per consentire l’utilizzo dei fondi già disponibili e per il 2014 di escludere dal patto di stabilità interno i pagamenti in conto capitale per almeno 10 miliardi di euro.
Tra le proposte lanciate dall’associazione degli edili spicca inoltre la possibilità di ampliare il ricorso alla permuta di immobili comemodalità di pagamento del corrispettivo da parte dell’amministrazione, nel senso di consentire il trasferimento di proprietà prima del collaudo.
Fonte : Edilportale.com

domenica 14 aprile 2013

Comprare la casa ai figli è un anticipo d'eredità


Comprare la casa ai figli è un anticipo d'eredità

  • 22 marzo 2013o
di Dario Aquaro
L'acquisto della casa da intestare al figlio è un tipico esempio di donazione indiretta. Donazione dell'immobile, non del denaro che è servito a comprarlo: perché è l'immobile che va ad arricchire il patrimonio del beneficiario. E ciò vale sia per l'intestazione in senso stretto, sia per l'acquisto che il figlio fa a proprio nome con i soldi forniti, contestualmente o in precedenza, dal genitore.

La quota riservata per legge non si devolve però automaticamente ai legittimari. Se uno di loro viene privato anche in parte della sua legittima, può far valere il proprio diritto con un'azione di riduzione (entro dieci anni) nei confronti di chi invece ha ricevuto in eccesso.
 Questi di solito interviene perché il figlio, magari privo di redditi, non può permettersi quell'investimento. Per motivi di coerenza fiscale, nell'atto di compravendita il donatario può specificare che il prezzo di acquisto è stato pagato dal genitore. «Ma questa dichiarazione è utile anche ai fini successori, ed è importante specie se ci sono altri figli» spiega il presidente del Consiglio Notarile di Milano, Arrigo Roveda. «Non si può infatti usare la donazione per privarsi degli immobili (più in generale, dei beni) e lasciare qualcuno dei parenti prossimi senza la quota minima che gli spetta».
Per legge, il testatore può disporre liberamente solo di una parte del patrimonio (quota disponibile): ai legittimari (coniuge, figli e ascendenti) è destinata comunque una "quota di riserva", di cui non possono venir privati per volontà del defunto, espressa nel testamento o manifestata tramite donazioni in vita. Questa quota di riserva (e la sua divisione) varia in base al numero dei legittimari, secondo un preciso schema. Non si calcola però sul valore del patrimonio del defunto al momento della morte, ma su tutta la massa ereditaria: inclusi il valore dei debiti e quello delle donazioni (misurato alla data di apertura della successione). In definitiva, la donazione è considerata come un anticipo di eredità.
Ecco allora che, con la dichiarazione nell'atto di compravendita, la casa comprata dal genitore va poi a imputarsi alla quota ereditaria del figlio. Senza quella specifica, dopo la morte del genitore, gli eventuali altri figli potrebbero non essere in grado di provare l'avvenuta donazione indiretta. «Se non viene specificato - afferma Roveda - potrebbe trattarsi di un debito contratto dal figlio nei confronti del genitore: è come se quest'ultimo prestasse i soldi. Un credito che in successione cade».
Se – poniamo – nell'atto di compravendita non c'è dichiarazione, il denaro viene quindi inteso come prestito, e non ci sono altri figli o nessuno si "oppone" in giudizio alla morte del genitore, si evitano di fatto le imposte di donazione o successione. Al contrario, invece, come per ogni donazione si andrebbe a erodere la franchigia disponibile.
Le imposte si applicano infatti sul valore dei beni (base imponibile) che eccede la franchigia da applicare in virtù del rapporto di parentela con il defunto. Per il coniuge o i parenti in linea retta (come i figli, appunto) la franchigia è di un milione di euro (mentre per il fratello e la sorella è di 100mila euro), ma per i portatori di grave handicap è di 1.500.000 euro.
Alla base imponibile, decurtata della franchigia, si applicano le aliquote del 4% (coniuge o parenti in linea retta), 6% (fratelli o sorelle), 6% (parenti entro il quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale entro il terzo grado), 8% (altri soggetti). Se la successione si è aperta entro cinque anni da un'altra successione o da una donazione riguardante gli stessi beni, l'imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, di un decimo per ogni anno o frazione di anno.
Per gli immobili si applicano due ulteriori imposte, per le quali non valgono le franchigie: cioè le imposte ipotecaria e catastale, pari rispettivamente al 2 e all'1% (oppure a 168 euro l'una, se ci sono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa). La base imponibile è quella del valore di mercato alla data di apertura della successione. Il valore catastale si ottiene moltiplicando per 126 (o 115,5 se prima casa) le rendite che risultano al catasto. E basta che almeno uno dei beneficiari possegga i requisiti prima casa per estendere la riduzione d'imposta a tutti gli altri eredi.
In ogni caso, al di là del risvolto fiscale, quando si affronta il tema del trasferimento degli immobili (e più in generale, dei beni) ai propri eredi, occorre valutar bene tutti gli aspetti. Come la dinamicità dei patrimoni: quando si anticipa la divisione in vita, l'assetto che può sembrare equilibrato in quel momento, può non esserlo alla successione. Rivolgersi prima ai professionisti può aiutare ad esempio a creare pacchetti di assegnazione più omogenei possibile.
Sulla successione, eventuali risposte ai dubbi si posson trovare sul sito affettitutelati.it, promosso dal Consiglio Notarile di Milano con il patrocinio del Comune di Milano. Dove i cittadini possono anche prenotare una appuntamento di consulenza personalizzata gratuita presso lo studio di un notaio del distretto di Milano.
Fonte : Casa24plus