giovedì 27 giugno 2013

La Cassazione tutela estetica e decoro del condominio

La Cassazione tutela estetica e decoro del condominio

  • 27 giugno 2013
di Barbara D'Amico e Silvio Rezzonico
Nella foto il dettaglio di un edificio in stile liberty (LaPresse)
Nella foto il dettaglio di un edificio in stile liberty (LaPresse)
Il condominio può ottenere la demolizione di opere realizzate dal singolo proprietario qualora contrastino con il decoro e l'aspetto dell'edificio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione dando ragione ai condomini di uno stabile di Udine che avevano citato in giudizio il proprietario dell'appartamento all'ultimo piano colpevole di aver costruito sulla terrazza una struttura definita dagli stessi ricorrenti esteticamente brutta.
Una soluzione, quella adottata dalla Corte, che nel bilanciare gli interessi in gioco fa prevalere il principio estetico difeso dai condomini sul diritto del singolo proprietario a eseguire lavori nel rispetto delle norme di legge. Una posizione che ricalca quanto stabilito per l'installazione dei condizionatori sulle facciate dei palazzi, ammessa a patto che non danneggi il decoro dell'edificio (Cassazione n. 1286/10). Allo stesso modo ogni manufatto che cambi l'originario decoro anche soltanto di singoli elementi o punti del fabbricato è da considerarsi a rischio demolizione. La valorizzazione di un parametro estetico, per valutare la legittimità dell'intervento del condomino, costituisce un appiglio fondamentale per i ricorsi di simile natura. La sentenza (Cassazione n.10048/2013) apre, infatti, nuove possibilità per combattere opere non gradite anche quando l'edificio non sia sottoposto a vincolo o classificato come immobile di pregio storico. 
Come specifica il testo della decisione, il singolo proprietario che voglia eseguire interventi di sopraelevazione sul terrazzo o lastrico solare o costruire nuove strutture rispetto a quelle già esistenti non deve solo rispettare le norme condominiali, ma è obbligato a tenere conto sia dell'aspetto architettonico sia del decoro architettonico dell'edificio. «È vero – spiegano i giudici – che i due concetti esprimono due fenomeni diversi, ma in qualche modo, come in questo caso, l'uno non può prescindere dall'altro: trattasi infatti di un manufatto di discreta volumetria che occupa gran parte dell'originario terrazzo dell'ultimo piano, dunque ben visibile dall'esterno, che è stato aggiunto alla preesistente costruzione con in qualche modo inevitabile alterazione delle linee originarie dell'intero stabile».
Nel caso di Udine, i giudici di ultimo grado hanno ritenuto impossibile scindere i concetti di decoro architettonico e di aspetto architettonico, regolati rispettivamente dall'articolo 1120 e 1127 del codice civile. La precedente pronuncia in appello, infatti, aveva invece dato ragione al proprietario sostenendo che l'opera realizzata, pur alterando il decoro dell'edificio, ne avesse in ogni caso rispettato lo stile architettonico. Un ragionamento che il condominio aveva ritenuto del tutto illogico sostenendo che, se così fosse, ogni singolo potrebbe far costruire opere brutte seppur rispettose dello stile liberty piuttosto che neoclassico di un palazzo. Posizione condivisa anche dalla Cassazione che ha ritenuto non sostenibile il ragionamento, motivandolo con il concetto di disarmonia estetica all'interno di uno stabile.
In particolare secondo i giudici «la nozione di aspetto architettonico di cui all'art. 1127 c.c., non coincide con quella di decoro di cui all'art. 1120 c.c. (che è più restrittiva): l'intervento edificatorio quindi dev'essere decoroso (rispetto allo stile dell'edificio), e non deve rappresentare comunque una rilevante disarmonia rispetto al preesistente complesso tale da pregiudicarne le originarie linee architettoniche, alterandone la fisionomia e la peculiarità impressa dal progettista». Stabilire quando un manufatto o un'opera non rispetti tali parametri, tuttavia, rischia di dare adito a pronunce caratterizzate da una forte impronta soggettiva. Il rischio è che tali decisioni non possano dettare un indirizzo obiettivo nella regolazione di un tema delicato come il contemperamento del diritto di proprietà con le esigenze di rispetto estetico di un edificio condominiale. 
«È difficile definire la qualità dell'architettura dal punto di vista estetico – spiega Enrico Milone, architetto e presidente Centro Studi degli Architetti dell'Ordine di Roma – Chi stabilisce, infatti, se un intervento rispetta il decoro e l'aspetto di un edificio? A volte lo stravolgimento de parametri crea esempi esteticamente apprezzabili, basti pensare al caso celebre dell'architetto Mario Ridolfi che operò una sopraelevazione del villino di Alatri modificando l'originario stile liberty». Non sempre però è possibile conciliare genio e rispetto delle regole ed è il giudice che, in ultima battuta, deve stabilire cosa possa considerarsi bello o brutto. In casi come quello in esame, i condomini che vogliano ricorrere in giudizio dovrebbero affidarsi a un esperto o ad un progettista capace di valutare eventuali incongruenze e storture stilistiche. Meglio ancora, spiegano gli esperti, rivolgersi a un progettista già durante la fase dei lavori per opere stilisticamente discutibili.
Fonte : Casa24Plus

Ora sì, ma niente agevolazioni per i lavori svolti prima del 2012


                     
Ora sì, ma niente agevolazioni per i lavori svolti prima del 2012










A quando risale la possibilità per i lavori di ristrutturazione dell’impianto fognario condominiale di accedere alla detrazione del 36? In base alla formulazione originaria della norma (risalente al 1997), i lavori di collettamento della rete fognaria e di sistemazione della rete idrica eseguiti prima del 2012 non possono usufruire della detrazione Irpef: la possibilità di abbattimento dell’imposta riguardava la ristrutturazione delle sole parti comuni di edifici residenziali o del suolo sui quali essi sorgono. Il legislatore, spiega FiscoOggi.it, escludeva dall’agevolazionelr opere di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune come gli acquedotti, le fognature, i canali di scarico e gli impianti per l’acqua fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Oggi, invece, la materia è disciplinata dall’art. 16-bis del Tuir, che ha resopermanente l’agevolazione, allargandone ed estendendone l’ambito di applicazione. Nell’attuale formulazione dell’articolo, in vigore dall’1 gennaio 2012, si fa riferimento ai lavori di riqualificazione svolti in tutte le parti condominiali comuni previste dall’articolo 1117 c.c. Limitatamente alle spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2013 è inoltre prevista la detrazione Irpef al 50%, da calcolare su un limite massimo di spesa di 96.000 euro per unità immobiliare.

Dona (Unc): inaccettabile 35% della bolletta fatta di balzelli

Dona (Unc): inaccettabile 35% della bolletta fatta di balzelli

giovedì 27 giugno 2013
L'associazione apprezza la denuncia dell'Aeeg riguardo alla fiscalità che pesa sulle bollette energetiche
Fonte










“I consumatori apprezzano che l’Autorità abbia ancora una volta denunciato pubblicamente i balzelli fiscali e parafiscali che gravano in modo innaturale sulle bollette energetiche dei clienti domestici, vanificando i benefici della liberalizzazione e mantenendole ai livelli più alti d’Europa”. E’ quanto dichiaraMassimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando la relazione annuale di Guido Bortoni, presidente dell’Autorità dell’energia elettrica e il gas, “che – aggiunge Dona – ha fatto un’analisi puntuale e condivisibile dei mercati elettrici e del gas, fornendo importanti motivi di riflessione”.
Secondo il segretario generale dell’Unc è inaccettabile che nelle bollette elettriche soltanto la metà dell’importo derivi dal prezzo dell’energia e il 15% dalle tariffe di trasporto regolate dall’Autorità, mentre il restante 35% sia formato da tasse, incentivi alle rinnovabili, alle imprese energivore e alle Ferrovie dello Stato, costi per la bonifica delle vecchie centrali nucleari e altri balzelli.
“I consumatori, invece – aggiunge Pieraldo Isolani, esperto nel settore energia dell’Unc – hanno valutato con preoccupazione l’ipotesi, paventata nella relazione dell’Autorità, di andare verso il superamento del mercato tutelato per i clienti domestici. Si tratta di una prospettiva che non può essere condivisa: i clienti domestici, anche quelli costituiti in gruppi di acquisto (che pure vanno perseguiti), non avranno mai la forza contrattuale di competere ad armi pari con i colossi dell’energia. I prezzi di riferimento fissati trimestralmente dall’Autorità rappresentano una irrinunciabile garanzia per le famiglie“.

Locazioni e attestato energetico: Confedilizia chiede rinvio


20130627 Prestazione energetica


Confedilizia chiede di rinviare al 2015 gli obblighi relativi alla messa a disposizione e consegna del nuovo attestato di prestazione energetica. 

Confedilizia calcola che il costo per i proprietari sia complessivamente di almeno 3 miliardi.
Iniziato ieri in Senato – presso le Commissioni riunite sesta (Finanze e Tesoro) e decima (Industria, commercio, turismo) – l’esame degli emendamenti al decreto-legge n. 63 in materia di energia. Provvedimento che dispone fra l’altro – su imposizione dell’Unione europea – che, in occasione di trattative per la compravendita o la locazione di unità immobiliari, debba essere reso disponibile per il potenziale acquirente o per il nuovo locatario l’Attestato di prestazione energetica istituito dal nuovo provvedimento, attestato che dovrà essere consegnato alla conclusione delle trattative stesse.
Al proposito, la Confedilizia segnala che la stessa Direttiva Ue di cui il decreto-legge n. 63 costituisce atto di recepimento, prevede che gli Stati membri possano rinviare fino al 31 dicembre 2015 l’applicazione delle disposizioni che riguardano gli obblighi relativi alla messa a disposizione e consegna del nuovo Attestato di prestazione energetica in caso di locazione di singole unità immobiliari.
Al proposito, il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha così dichiarato: “Auspichiamo che il Parlamento stabilisca – in sede di conversione in legge del decreto energia – il rinvio al 2015 dell’applicazione delle norme concernenti la messa a disposizione e consegna dell’Attestato di prestazione energetica in caso di locazione di singole unità immobiliari. Si tratta di obblighi che costerebbero ai proprietari-locatori, per oneri ai professionisti, almeno tre miliardi di euro. Sfruttare la facoltà del rinvio concessa dalla stessa direttiva Ue si rivelerebbe essenziale per scongiurare un nuovo effetto devastante nei confronti di un comparto – quello dell’affitto – la cui situazione di forte depressione necessiterebbe invece di segnali di fiducia da parte del Parlamento e del Governo. In un momento in cui la locazione ha perso qualsiasi redditività e la tendenza ormai consolidata è quella ad un esteso abbandono dell’investimento in immobili da locare, qualsiasi intervento normativo che imponga nuovi oneri, burocratici e di spesa, è tale – conclude il Presidente della Confedilizia – da ulteriormente allontanare da questa attività gran parte dei potenziali locatori. Con le conseguenze di ordine sociale che è facile immaginare”.
a cura di Anna Carbone

martedì 25 giugno 2013

Demolizioni e ricostruzioni senza vincolo di sagoma, in Gazzetta il Decreto Fare

Demolizioni e ricostruzioni senza vincolo di sagoma, in Gazzetta il Decreto Fare

Tra le altre disposizioni Durc valido 180 giorni, misure per l’ambiente, sblocco dei cantieri e messa in sicurezza delle scuole

 

25/06/2013 - È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore sabato scorso il Decreto Legge “del fare” 69/2013. La norma, studiata per fornire misure urgenti per il rilancio dell’economia, contiene una serie di semplificazioni, utili a facilitare le attività delle imprese.
Demolizioni e ricostruzioni senza vincolo di sagoma, in Gazzetta il Decreto Fare


Edilizia
Le ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione non dovranno più rispettare il vincolo della sagoma, ma solo quello della volumetria. Il cambio di sagoma, quindi, non sarà più considerato un intervento pesante e per la sua realizzazione sarà sufficiente la Scia invece che il permesso di costruire.

Prima di presentare la Scia o la comunicazione di inizio lavori, l'interessato potrà richiedere al SUE, Sportello unico per l’edilizia, di acquisire gli atti di assenso necessari per l’intervento edilizio.

Il certificato di agibilità può essere richiesto anche per singoli edifici, singole porzioni della costruzione o singole unità immobiliari funzionalmente autonome qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria.

Il Durc avrà una durata di 180 giorni e sarà acquisito d’ufficio, in modo da garantire un rapporto più celere con la Pubblica Amministrazione.

Viene meno la responsabilità solidale negli appalti, ma solo per il pagamento dell’Iva.

Infrastrutture
Per il quadriennio 2013 2017 sono stanziati 2.069  milioni  di  euro con un fondo istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Gli interventi finanziabili riguardano il potenziamento dei  nodi,  dello  standard  di  interoperabilità dei corridoi europei e il miglioramento delle prestazioni  della  rete  e dei servizi ferroviari, il collegamento ferroviario funzionale tra la Regione Piemonte e la Valle d'Aosta,  il  superamento  di  criticità sulle infrastrutture viarie concernenti ponti e gallerie,  l'asse  di collegamento tra la strada statale 640 e l'autostrada A19 Agrigento -Caltanissetta, gli assi autostradali Pedemontana Veneta e Tangenziale Esterna Est di Milano.

Con una delibera del Cipe, da adottare entro il 6 agosto, cioè 45 giorni dopo l’entrata in vigore del decreto, saranno finanziati: l'asse viario Quadrilatero Umbria-Marche, la tratta Colosseo - Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma, la linea M4 della metropolitana di Milano, il collegamento Milano-Venezia secondo lotto Rho-Monza, nonché, qualora non risultino attivabili altre fonti di finanziamento, la linea 1 della metropolitana di Napoli, l'asse autostradale Ragusa-Catania e la tratta Cancello - Frasso Telesino della linea AV/AC Napoli-Bari.

Per migliorare la sicurezza degli edifici scolastici, l’Inail mette a disposizione fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014-2016 nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego di propri fondi. Il piano verrà adottato sulla base della Programmazione Miur-Regioni-enti locali dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con quello delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Programma “6.000 campanili”
100 milioni di euro per 200 interventi nei Comuni sotto i 5.000 abitanti, per coinvolgere il tessuto delle piccole e medie imprese. Saranno finanziati lavori di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici o realizzazioni o manutenzioni delle reti viarie e salvaguardia del territorio. I Comuni potranno richiedere contributi (tra 500mila e 1 milione di euro) per singoli progetti, con il limite di un solo progetto per Comune. Per il 2014, questi lavori saranno esclusi dal Patto di stabilità.

Terre e rocce da scavo
Il DM 161/2012 sull’utilizzo delle terre e rocce da scavo si applica solo ai materiali che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto non vale invece per l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.

Le terre e rocce da scavo che non rientrano nel campo di applicazione del decreto ministeriale sono comunque considerate sottoprodotti e non rifiuti se il produttore dimostra che sono destinate direttamente all'utilizzo in un determinato ciclo produttivo nello stesso sito o in un altro luogo, che non contengono fonti di contaminazione, che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute e che non è necessario sottoporle ad alcun trattamento preventivo, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.

Viene inoltre semplificata la disciplina dei materiali di riporto, chiarendone la composizione e prevedendo che siano soggetti a test di cessione per essere considerate come sottoprodotti o rimosse dal luogo di scavo.

Ambiente
Sono ridotti gli oneri per la gestione delle acque di falda sotterranee estratte per fini di bonifica o messa in sicurezza dei siti contaminati.

campeggi non necessitano di permesso di costruire se il posizionamento di allestimenti mobili di pernottamento e relativi accessori, temporaneamente ancorati al suolo, è effettuato in conformità alle leggi regionali e al progetto già autorizzato con il permesso di costruire.

Sarà accelerata la realizzazione e la gestione degli impianti di gestione dei rifiuti nella Regione Campania, già previsti dalla normativa e dalla pianificazione vigente ma non ancora realizzati.

Ritardi della Pubblica Amministrazione
Il decreto introduce multe a carico delle Amministrazioni che non concludono nei tempi prestabiliti i procedimenti amministrativi. Se il procedimento sfora i termini prestabiliti, scatta un risarcimento pari a 50 euro al giorno fino a un massimo di 4 mila euro. Se il responsabile non liquida l’indennizzo, la somma può essere chiesta al giudice amministrativo con una procedura semplificata.

Zone a burocrazia zero
Il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazionepredisporrà un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e ne monitorerà costantemente l’attuazione, pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale.
I percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa previsti dal DL semplificazioni 5/2012 saranno inoltre estesi a tutto il territorio nazionale.

Fondo di garanzia delle Pmi
Il decreto prevede il potenziamento del fondo centrale di garanzia, in modo da consentirne l’accesso ad un numero maggiore di piccole e medie imprese. Entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, il Ministro dello Sviluppo economico emanerà una serie di disposizioni per l’aggiornamento dei criteri che danno diritto all’accesso al fondo e la semplificazione delle procedure per la presentazione delle domande.

Acquisto di nuovi macchinari
Le piccole e medie imprese potranno accedere a finanziamenti a tasso agevolato per l'acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo. I finanziamenti, che ammontano complessivamente a 5 miliardi di euro, saranno concessi entro il 31 dicembre 2016 da banche convenzionate e avranno durata massima di 5 anni e per un valore non superiore a 2 milioni di euro per ciascuna impresa.

Ricerca e innovazione
Il Ministero dell’istruzione favorisce attività di ricerca industriale  mediante la concessione di contributi alla spesa, con una quota a fondo perduto fino al 50%.

Il decreto è stato assegnato alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Bilancio della Camera ed inizierà a breve l'iter per la conversione in legge.
Fonte : EdilPortale.com

i comuni a caccia delle false prime case: chi rischia di pagare gli arretrati di imu e ici

i comuni a caccia delle false prime case: chi rischia di pagare gli arretrati di imu e ici
lunedì, 24 giugno, 2013 

Fonte da Ritratto di teamteam@idealista
foto: lwpkommunikacio (flickr.com cc)
foto: lwpkommunikacio (flickr.com cc)
uno degli effetti collaterali dell'abolizione del'ici prima casa, voluta dal governo berlusconi nel 2007, fu l'improvvisa proliferazione di prime abitazioni a scapito delle seconde. le forme più comuni per non pagare nulla erano due: il comodato d'uso gratuito a parenti di primo grado o le due residenze diverse per i coniugi, magari con falsa separazione tanto per non correre rischi. l'imu ha certamente equilibrato le cose, ma adesso i comuni sono a caccia di chi non ha versato l'ici dal 2008 al 2011 e la corte di cassazione li autorizza a farlo
la scarsità di risorse ha spinto infatti gli amministratori locali a mettersi a caccia delle presunte prime abitazioni che di fatto sono invece seconde case chiedendo la restituzione, con sanzioni e interessi, di tutte le agevolazioni non dovute
questo il caso esemplare, che a molti italiani risulterà familiare:
il signor o. dichiara di essere residente in un immobile di proprietà nel comune di castelrotto (bz), dichiarato come dimora abituale. la moglie risulta invece residente in un'altro immobile di proprietà nel comune di bolzano, anch'esso dichiarato come prima abitazione
le formule per dimostrare se le residenze sono vere o fittizie non mancano certo. per prima cosa vi sono le utenze domestiche, ossia luce, gas e telefono: difficile dimostrare di aver vissuto in una casa i cui consumi sono pari a 30-40 giorni l'anno
il comune di castelrotto, dopo opportune indagini, denuncia il contribuente in questione e dopo diversi gradi di giudizio, in cui la sentenza viene continuamente ribaltata tra ricorsi e appelli, la corte costituzionale stabilisce che:
l'effettiva dimora abituale a castelrotto – siusi del sig. o.” sostenendo “non corrisponde(re) affatto alla realtà” che il contribuente “dimori abitualmente a castelrotto e non assieme alla sua famiglia a bolzano” perché (in sintesi), “come dimostrato... mediante la documentazione prodotta in primo grado”, quella dell’o. in castelrotto è una “mera abitazione di villeggiatura” e non “un’abitazione principale”
 
pubblichiamo qui di seguito la sentenza della corte costituzionale n. 14389, del 15 giugno 2010, su cui si stanno basando alcuni comuni per richiedere gli arretrati dell'ici seconda casa non pagata dal 2008 al 2011 e, in alcuni casi, della differenza tributaria degli anni precedenti. come vediamo, nel caso specifico, si tratta di 7 anni di ici seconda non pagata (durante l'eliminazione del governo berlusconi) o pagata per un importo inferiore a quanto corridpondeva in realtà.


Il trust per l’acquisto e la gestione di parti comuni. Una nuova opportunità

Il trust per l’acquisto e la gestione di parti comuni. 
Una nuova opportunità

25/06/2013
Avv. Stefano Narducci 







Nella scorsa settimana abbiamo visto che cos’è il trust e intuito alcuni possibili benefici che potrebbero derivare dal suo utilizzo in materia condominiale.
 
In questa seconda parte, la nostra analisi va ad affrontare un caso concreto, in cui il trust può tornare utile per risolvere l’impasse che spesso si crea per l’amministratore di condominio a fronte di bisogni comuni, ma non condivisi da tutti i condomini.
 
Condominio e personalità giuridica.
 
E’ noto che l’amministratore di condominio rappresenta quest’ultimo, ma non i singoli condomini e, in ogni caso, non può concludere validamente un acquisto per il condominio stesso, dato che non è l’organo di un soggetto dotato di personalità giuridica. 
 
Non è infatti possibile equiparare il condominio ad una società, peraltro dotata di autonomia patrimoniale; il condomino è pertanto solo un “ente di gestione”, rappresentato dall’amministratore nominato dai suoi componenti.
 
La questione diventa complicata dinanzi all’ipotesi dell’acquisto di un bene che possa essere asservito a beneficio di più condomini, ma non necessariamente di tutti, e quindi deputato a diventare “parte comune” di coloro che vogliono procedere all’acquisto stesso. Vediamo come si può risolvere il problema attraverso il trust.
 
Il trust per l’acquisto e la gestione di parti comuni
 
Non è inverosimile che quando si realizza un fabbricato, alcune pertinenze restino nella disponibilità del costruttore. Sono frequenti i casi di cortili o lastrici solari rimasti nella piena disponibilità di quest’ultimo anche dopo la cessione delle singole unità abitative.
 
Può quindi accadere che il costruttore, a distanza di tempo, decida di vendere quelle pertinenze che possono ben essere asservite ad un condominio, incontrando il favore di alcuni condomini che trovino utile poter disporre di ulteriori spazi, da adibire a parcheggio o ad altre finalità vantaggiose per una molteplicità di essi.
 
Come abbiamo poc’anzi evidenziato, l’assenza di personalità giuridica da parte del condominio impedisce di poter procedere ad un acquisto che faccia capo direttamente al condominio stesso, oltre alla circostanza che la questione può essere complicata dalla mancata adesione da parte di tutti i condomini potenzialmente interessati.
 
Questa situazione di stallo può essere risolta facendo ricorso all’istituzione di un trust, a cui farà capo l’area che si intende acquistare (ad esempio il cortile oppure il lastrico solare). 
 
Dal punto di vista pratico avremo quindi un trust di scopo, nel quale i disponenti saranno tutti i condomini interessati ad acquisire l’area comune e a gestirla. Essi faranno confluire nel fondo in trust - pro quota - la somma di denaro necessaria a garantire l’acquisto e le spese di gestione dell’area comune asservita a beneficio esclusivo dei condomini disponenti, che saranno anche beneficiari dell’utilità propria del bene acquistato. Una volta perfezionato l’acquisto sarà il bene acquistato a costituire il fondo in trust (oltre al denaro residuale per le spese di gestione).
 
Il trustee, vale a dire il gestore del trust, potrà essere lo stesso amministratore di condominio, secondo le finalità indicate nell’atto istitutivo. Esse potranno anche ricomprendere eventuali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari nel corso dell’attività di gestione, nonché il regolamento di utilizzo del bene, dotando il trustee dei necessari poteri.
 
Non di meno, per evitare che l’eventuale sostituzione dell’amministratore di condominio possa comportare problemi nella gestione del bene in trust, si potrebbe da subito decidere di nominare un trustee professionale, indipendente e distinto rispetto all’amministratore.
 
L’immobile così acquistato sarà intestato al trustee che, come abbiamo visto nel post della scorsa settimana, non ne acquista però la proprietà, trattandosi di un bene segregato e distinto rispetto al suo patrimonio personale. 
Al fine di salvaguardare il pieno rispetto delle finalità stabilite nell’atto istitutivo del trust condominiale potrebbe inoltre prevedersi la figura di protezione del guardiano (tipica del trust), ricoperta da alcuni condomini o dall’amministratore condominiale pro tempore, in modo da garantirsi rispetto ad ogni possibile violazione del vincolo di destinazione da parte del trustee.

Fonte : condominioweb.com
Anche ad un immobile locato che fa parte di un edificio storico di pregio, e che versa in uno stato di degrado, si applica l’equo canone?

25/06/2013
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo



(Cassazione civile, sezione II, sentenza 13 giugno 2013, n. 14867)
 
In tema di locazioni di immobili urbani per uso di abitazione ed ai fini della determinazione dell'equo canone ai sensi della l. n. 392/1978, i palazzi di interesse storico od artistico vanno classificati nella categoria A/9 solo se destinati ad abitazione. In caso di frazionamento del palazzo in distinte unità immobiliari, la originaria tipologia catastale dell’edificio non determina automaticamente la medesima tipologia per ogni singola unità immobiliare che ne faccia parte, ben potendo il giudice - disapplicando il classamento effettuato dall'U.T.E. - attribuire a tali unità una diversa categoria catastale, legittimante l'applicazione dell'equo canone, avuto riguardo alle relative condizioni concrete ed alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche. 
 
È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14867 del 13 giugno 2013, con la quale la suprema Corte torna ad affrontare il tema dell’equo canone, con particolare riferimento all’unità immobiliari risultanti dal frazionamento catastale di un edificio di interesse storico o artistico.
 
Il fatto
Nel 1994 un conduttore citava in giudizio il locatore per vedersi restituire le somme corrisposte in eccedenza a titolo di affitto, sostenendo altresì che la normativa sull’equo canone non fosse applicabile al caso di specie, in quanto  gli immobili si trovavano all’interno di un edificio di pregio storico ed artistico (categoria catastale A/9) e, come tali, non erano soggetti alla disciplina di cui alla l. n. 392/1978. In ogni caso, l’attrice sosteneva altresì che ogni vertenza tra le parti era stata risolta con una precedente transazione avvenuta in altro giudizio.
 
La Corte d’appello riteneva che la transazione invocata dall’attrice non investisse anche la questione dell'eccedenza dei canoni rispetto alla misura legale; precisava altresì che la circostanza che si trattasse di un immobile incluso in un palazzo di pregio storico non escludeva che la categoria dell'appartamento andasse individuata sulla base dell'effettivo suo stato e, pertanto, riteneva legittimo il provvedimento dell'U.T.E. competente, che aveva già classato l'appartamento in questione come di cat. A/4 e non come immobile di pregio. Il giudice di merito accoglieva parzialmente la domanda, condannando il locatore alla ripetizione dei canoni corrisposti in misura ultralegale.
 
L’attrice proponeva ricorso in cassazione, insistendo per la non applicabilità della legge sull’equo canone all’immobile di specie, in quanto facente parte di immobile di pregio storico o artistico e, come tale, esente dalla l. n. 392/1978. 
 
Categoria A/9 o A/4? 
La decisione della suprema Corte ruota principalmente intorno al problema della esatta classificazione dell’immobile oggetto di giudizio, al fine di stabilire l’applicabilità allo stesso della legge sull’equo canone.
 
Secondo l’U.T.E. competente, l’immobile in questione rientra nella categoria A/4 e, dunque, è soggetto alla disciplina di cui all’art. 12 e ss l. n. 392 del 1978. Tale classificazione, tuttavia, è stata attribuita a seguito di frazionamento catastale di un palazzo storico di pregio, costituente categoria A/9, di cui l’immobile predetto fa parte.
 
La domanda a cui i giudici di legittimità sono chiamati a rispondere, dunque, è la seguente: l’unità immobiliare risultante dal frazionamento di un edificio di pregio, conserva automaticamente la categoria catastale dell’immobile di provenienza, oppure può essere collocata in una categoria diversa, anche in considerazione dalle sue condizioni concrete di manutenzione nonché dalle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche?
 
L’immobile facente parte di un edificio di pregio storico non è automaticamente esente dalla disciplina dell’equo canone 
La Corte di Cassazione risponde al quesito con il principio di diritto sopra richiamato, peraltro più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
 
Ai fini della determinazione dell'equo canone ai sensi della legge n. 392 del 1978, i palazzi di interesse storico o artistico vanno classati nella categoria A/9 solo se destinati ad abitazione.
 
In caso di frazionamento di un immobile in distinte unità immobiliari, la tipologia catastale dell’edificio originario non determina automaticamente la medesima tipologia per ogni singola unità immobiliare risultante dal frazionamento, ben potendo il giudice - disapplicando il classamento effettuato dall'U.T.E. ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E - attribuire a tali unità una diversa categoria catastale legittimante l'applicazione dell'equo canone, avuto riguardo alle relative condizioni concrete ed alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche (cfr. Cass. n. 10013 del 24/06/2003 e Cass. civ. n. 4922 del 17/04/2000).
 
La decisione della suprema Corte - Applicando il principio di diritto anzidetto al caso di specie, la Cassazione ha respinto in ricorso e confermato la sentenza impugnata, precisando che, nella fattispecie, dall’avvenuto frazionamento del palazzo in due distinte unità immobiliari, non consegue automaticamente la medesima tipologia di classamento per ogni singola unità immobiliare che ne faccia parte.
 
D’altra parte, osserva la Corte, ben può il magistrato adito disapplicare il classamento effettuato dall’Ufficio tecnico erariale ed attribuire a ciascuna unità una diversa categoria catastale, con applicazione dell’equo canone. Ciò che rileva a tal fine sono le condizioni concrete le caratteristiche interne ed esterne dell’immobile.
 
L’appartamento in questione, concludono gli Ermellini, va sicuramente ricondotto alla categoria A/4 e non a quella A/9 perché il palazzo di cui fa parte non presenta alcun pregio storico ed artistico, ma anzi versa in un innegabile stato di degrado.

Fonte : condominioweb.com

Che cosa vuol dire approvazione per facta concludentia di un criterio di ripartizione delle spese?

Che cosa vuol dire approvazione per facta concludentia di un criterio di ripartizione delle spese?

25/06/2013
di Alessandro Gallucci 




Le spese in condominio devono essere ripartite tra tutti i condomini ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1126 c.c. ecc., salvo diversa convenzione.
 
Ciò vuol dire che tutti i condomini possono decidere di mettere da parte quanto stabilito dalla legge e fare di testa propria.
 
Il regolamento condominiale contrattuale, secondo quanto disposto dall’art. 1138 c.c. (che non contiene l’indicazione dell’inderogabilità delle norme di cui agli artt. 1123 e ss. cc.) o una deliberazione adottata con il consenso di tutti i condomini possono sicuramente derogare alle indicazioni legislative.
 
Un esempio chiarirà il concetto. Il compenso dell’amministratore, per legge, dev’essere ripartito tra tutti i condomini in ragione dei millesimi di proprietà: i comproprietari possono mettersi d’accordo e decidere di suddividerlo in parti uguali.
 
L’accordo così raggiunto deve avere una formula sacramentale? Detto diversamente: per gli accordi in deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese è necessaria la forma scritta?
 
Secondo la Cassazione, se la modificazione non si sostanza in una modifica delle tabelle millesimali, no ed anzi può avvenire anche per tacito accordo.
 
In una sentenza resa sul finire del mese di maggio gli ermellini hanno ribadito un proprio risalente orientamento in base al quale “la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle per più anni può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco dell'assemblea dei condomini (cfr.: Cass. civ., sez. 2, sent. 10/02/2009, n. 3245)” (Cass. 24 maggio 2013, n. 13004).
 
In questo contesto, pertanto, facta concludentia vuol dire (al di là del suo significato letterale di comportamenti concludenti) approvazione di una determinata condotta che si può esprimere anche attraverso la sua osservazione tacita.
 
In questo contesto, quindi, dire che sono nulle tutte le deliberazioni che derogano ai criteri legali di ripartizione delle spese è fuorviante, almeno stando a quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 13004. 
 
Devono essere considerate nulle tutte quelle delibere modificative dell’applicazione dei criteri legali di ripartizione delle spese (anche se non incidenti sul criterio in sé e per sé considerato) che non siano poi state per una o più volte osservate dai condomini che, pur non avendole approvate, le hanno, poi, osservate considerandole pienamente valide.

Fonte : condominioweb.com

venerdì 14 giugno 2013

Mutui in prossima ripresa per Nomisma

Mutui in prossima ripresa per Nomisma

Dopo anni in cui da ogni parte non si faceva che udire il suono delle campane a morto per il mercato immobiliare italiano e, come killer di quel mercato, si indicava la quasi impossibilità di accesso al credito da parte di milioni di piccoli risparmiatori ed aspiranti mutuatari, finalmente oggi arriva una buona notizia e a darla è Nomisma. Secondo la società, che già nel 2011 aveva formulatoprevisioni di calo alquanto precise relativamente tanto al settore residenziale quanto a quello commerciale,  la crisi del settore creditizio italiano è ormai agli sgoccioli e la ripresa dovrebbe cominciare a momenti.
Secondo quanto riportato nel periodico rapporto formulato da Nomisma, la risalita nel numero e negli importi dei finanziamenti concessi per l’acquisto di immobili avverrà già nella seconda metà dell’anno in corso. La notizia, presentata nel corso della rassegna EIRE in svolgimento a Milano, ha chiaramente suscitato non poche reazioni, anche perchè la percentuale dichiarata (7,6%), se effettivamente reale darebbe finalmente ossigeno ad un settore in gravissima sofferenza.
Scorrendo i numeri del Rapporto sulla Finanza Immobiliare 2013, il quarto creato da Nomisma in collaborazione con l’Università LUM, si evidenzia come nel 2012 le compravendite immobiliari connesse alla concessione di un mutuo siano diminuite del 38,6% rispetto all’anno precedente, situazione non affatto mutata neanche nel primo semestre del 2013.
Da dove allora tanto ottimismo? Secondo l’analisi saranno molte le variabili che entreranno in gioco, ma la loro attività congiunta porterà ad un incremento nelle erogazioni, durante il quarto trimestre, tale da arrivare al famoso 7,6%. E milioni di italiani aspettano, augurandosi che Nomisma ci abbia azzeccato ancora una volta.
Fonte ; Immobiliare.it