giovedì 30 maggio 2013

Imu, per la prima rata valgono aliquote e detrazioni del 2012

Imu, per la prima rata valgono aliquote e detrazioni del 2012

Min Economia: come pagare l’imposta sugli immobili che non godono della sospensione

 

28/05/2013 - Per il pagamento della prima rata dell’Imu ci si potrà rifare alle aliquote e alle detrazioni dell’anno scorso. Lo ha comunicato il Dipartimento dell’Economia e delle Finanze, che con la Circolare 2/DF ha risposto a diverse richieste di chiarimento.
Imu, per la prima rata valgono aliquote e detrazioni del 2012
A suscitare i dubbi, si legge nella circolare, è stato un emendamento al DL 35/2013 sul pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, al momento in Parlamento per affrontare il processo di conversione in legge. L’emendamento prevede che i contribuenti effettuino il pagamento sulla base delle aliquote e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente.

Allo stesso tempo, però il Dl 201/2011 prevede che il versamento sia effettuato entro il 17 giugno tenendo conto delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e della detrazione pubblicati nel sito www.finanze.it al 16 maggio di                    ciascun anno di imposta.

Bisogna poi considerare che il DL 54/2013, in attesa di una complessiva riforma della disciplina dell’imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare, ha stabilito la sospensione del pagamento della prima rata dell’Imu dovuta per l’abitazione principale e le sue pertinenze, gli alloggi di edilizia popolare destinati ad abitazione principale, i terreni agricoli e i fabbricati rurali. La circolare ricorda che sono assimilate alla prima casa anche le case di riposo (a discrezione dei comuni) e la casa coniugale assegnata all’ex coniuge.

Chi non è esentato dal pagamento della prima rata potrà quindi farlo secondo le aliquote e le detrazioni dell’anno precedente. Ferma restando la potestà di accertamento dei Comuni, la circolare ministeriale afferma che le sanzioni non sono irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.

Cosa fare quando cambia la situazione degli immobili
Come sottolinea la circolare ministeriale, da un anno all’altro le condizioni degli immobili possono mutare. È un esempio l’immobile che nel 2013 viene destinato ad abitazione principale diversamente dall’anno precedente. In questo caso il versamento della prima rata dell’Imu è sospeso. Viceversa, se l’immobile, nel 2013 non è più adibito ad abitazione principale sarà soggetto ad imposizione e la prima rata dovrà essere calcolata applicando l’aliquota prevista nel 2012.
Le stesse considerazioni valgono nel caso in cui il contribuente possiede un’area fabbricabile che, nel 2013 diventa terreno agricolo o viceversa.

La circolare spiega anche cosa fare quando il contribuente ha acquistato l’immobile nel corso dell’anno precedente e ilpossesso non si è protratto per dodici mesi.

Se il contribuente ha acquistato un immobile, non destinato ad abitazione principale, il primo ottobre 2012 dovrà calcolare l’IMU dovuta per l’anno 2013 sulla base dell’aliquota dei dodici mesi dell’anno precedente, indipendentemente dalla circostanza che nell’anno 2012 abbia avuto il possesso dell’immobile per soli tre mesi.

Nel caso in cui il contribuente abbia venduto l’immobile il 28 marzo 2013, avendolo posseduto per soli tre mesi al momento del pagamento della prima rata, se pagasse l’imposta sulla base dei dodici mesi precedenti dovrebbe anticipare una somma superiore a quella realmente dovuta per l’anno in corso. Si violerebbe così il D.lgs. 23/2011 in base al quale l’imposta è dovuta per anni solari, proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.
Entro il 17 giugno il contribuente dovrà quindi versare un importo pari ai tre dodicesimi di quello calcolato sulla base dell’aliquota dei dodici mesi dell’anno precedente.

Capannoni
Il versamento della prima rata dell’Imu sui fabbricati classificati nel gruppo catastale D deve essere effettuato tenendo conto del moltiplicatore, fissato a 65, e dell’aliquota vigente nei dodici mesi dell’anno precedente. In sede di versamento della seconda rata, i contribuenti dovranno applicare l’aliquota dello 0,76% o quella eventualmente elevata dai Comuni.

Ricordiamo infatti che la disciplina dell’Imu sugli immobili del gruppo catastale D ha subito vari cambiamenti. Il Dl 201/2011 prevede che, a decorrere dal primo gennaio 2013, il moltiplicatore applicabile per determinare la base imponibile dei fabbricati classificati nel gruppo catastale D, esclusi quelli della categoria catastale D/5, è elevato a 65.
La legge di stabilità per il 2013 prevede che dalla stessa data il gettito derivante da questa categoria di immobili, calcolato secondo l’aliquota standard dello 0,76% sia riservato allo Stato e che i Comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l’aliquota standard
Fonte : Edilportale.com

mutui, cosa ci aspetta nel prossimo futuro?

mutui, cosa ci aspetta nel prossimo futuro?

giovedì, 30 maggio, 2013 
mutui, cosa ci aspetta nel prossimo futuro?
 l'instabilità governativa ed economica e le incertezze del settore immobiliare hanno reso prudenti sia i cittadini che le banche che hanno deciso di non puntare sul prodotto mutui. domanda ed erogazione di finanziamenti per la casa hanno registrato entrambe un brusco calo. ma per chi decide ancora di rischiare è importante sapere verso dove va il mercato e quali sono le prospettive in termini di tassi variabili e fissi
vito lops in un articolo sul sole24ore, fa un panorama dell'attuale situazione del mercato per capire, tra l'altro, se conviene ancora puntare sul fisso o sul variabile. considerando in primis gli spread applicati dalle banche, sono ben lontani dall'1% del 2008, e come minimo sono al 3% per il tasso fisso e al 2,8% per il variabile
tutto il contrario degli indici europei che si sommano agli spread per determinare i tassi d'interesse. l'euribor infatti viaggi ormai allo 0,112% (a un mese) e allo 0,2% (per il trimestrale). e le previsioni per i prossimi cinque anni parlano di un aumento che non sarà comunque superiore al 2%. anche gli eurirs che si utilizzano per il tasso fisso sono a livelli molto bassi: l'irs a dieci anni è a quota 1,66%, quello a 20 anni al 2,7%, mentre quello a 25 anni si attesta al 2,3%
la conclusione è che il migliore dei mutui a tasso variabile si attesta intorno al 3% (o poco al di sopra), mentre i migliori fissi un po' oltre il 5%. quindi ancora nel prossimo futuro chi vuole rischiare, risparmiando, può puntare sul tasso variabile

articolo visto in sole24ore

Fonte :  Ritratto di teamteam@idealista


Mutuo per giovani coppie senza lavoro fisso con possibile assicurazione, la proposta Ubi Banca

Mutuo per giovani coppie senza lavoro fisso con possibile assicurazione, la proposta Ubi Banca



Un finanziamento per le coppie che non hanno un lavoro a tempo indeterminato.

Con il motto "L'amore è una casa meravigliosa", Ubi banca ha presentato il suo nuovo mutuo dedicato alle giovani coppie, anche e soprattutto quelle che non hanno un lavoro a tempo indeterminato ma che desiderano comunque metter su casa. In particolare, possono ottenere un finanziamento anche le giovani coppie con meno di 40 anni pur non avendo un lavoro a tempo indeterminato.
Per richiedere il mutuo, infatti, è sufficiente lavorare da almeno 18 mesi oppure aver lavorato almeno 18 mesi negli ultimi due anni e avere attualmente un'occupazione. Tre sono le opzioni: un mutuo a tasso fisso, che garantisce una rata stabile al di là dei tassi di mercato; un finanziamento a tasso variabile; un mutuo a tasso variabile ma con un massimo fissato.
Inoltre, è possibile scegliere per la propria casa tra due assicurazioni (facoltative): BluCasa eBluCredit One. Con la prima si può indicare contro quali rischi proteggere la propria abitazione, anche in affitto o di vacanza. La polizza ha una durata annuale e prevede soluzioni diverse a seconda della completezza che si cerca, per esempio si ha la protezione da incendi, fulmini, scoppi, atti vandalici. La seconda assicurazione è specifica per gli eventi che possono pregiudicare la capacità di rimborsare il mutuo. La copertura garantisce il rimborso totale del debito residuo in caso di decesso per qualsiasi causa o invalidità totale permanente da infortunio o malattia superiore al 65%; il pagamento di un numero determinato di rate in caso di perdita dell'impiego per i lavoratori dipendenti del settore privato, inabilità totale e temporanea al lavoro da infortunio o malattia per lavoratori autonomi, ricovero ospedaliero da infortunio o malattia per lavoratori dipendenti del settore pubblico e per non lavoratori.
Fonte : SuperMoney

Condominio: se i presenti si allontanano, l’assemblea può continuare

Condominio: se i presenti si allontanano, l’assemblea può continuare

mercoledì 29 maggio 2013

A cura di
Le presenze minime sono richieste solo per l'avvio della riunione, che quindi non viene interrotta se alcuni se ne vanno durante lo svolgimento


Per poter iniziare validamente un’assemblea di condominio ci sono dei numeri minimi di presenze, stabiliti dall’art. 1136 del codice civile. Ma cosa si deve fare se, a riunione già avviata, alcuni dei condomini se ne vanno e il numero di presenti scende sotto la soglia minima? L’assemblea può continuare o deve essere interrotta?
Prima di dare una risposta, qualche precisazione sui numeri: per avviare un’assemblea di condominio, devono essere presenti almeno la metà dei condomini e due terzi del valore dell’edificio in prima convocazione, oppure un terzo dei condomini e dei millesimi in seconda convocazione. Si tratta di requisiti abbassati dalla Riforma del condominio per agevolare lo svolgimento delle riunioni, Riforma che, ricordiamo, entrerà in vigore dal prossimo 18 giugno.
In merito alla variazione del numero di presenti, Assoedilizia precisa che i numeri devono essere riscontrati solo all’avvio della riunione e presentano importanti differenze rispetto a quelli necessari per l’approvazione dei vari argomenti. Quindi, anche se uno o più condomini si assentassero facendo così scendere il numero di presenti sotto il minimo necessario per la costituzione dell’assemblea stessa, questa può comunque proseguire e deliberare (sempre ammesso il raggiungimento dei minimi previsti per le approvazioni).
Fonte : Quotidianocasa.it

Cortile condominiale o di proprietà esclusiva: l'accertamento giudiziale deve avvenire nel contraddittorio tra tutti i condomini

Cortile condominiale o di proprietà esclusiva: l'accertamento giudiziale deve avvenire nel contraddittorio tra tutti i condomini




29/05/2013
di Alessandro Gallucci

Il condominio negli edifici, si dice definendo quest’istituto, è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva (le unità immobiliari) assieme ad altre in condominio tra tutti (le parti comuni).
 
Tant’è vera quest’affermazione che la stessa Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che “il ricorso ad una disciplina speciale per il condominio negli edifici è stato determinato da motivi di carattere obiettivo, data l’inadeguatezza delle regole generali della comunione a soddisfare le esigenze normative di una forma di comproprietà, che presenta caratteristiche peculiari, le quali non consentono, per alcuni aspetti, il puro e semplice inquadramento nel regime della comunione” (Cass. 5 gennaio 1980 n. 65).
 
In questo contesto, l’art. 1117 c.c., sia pur in modo meramente esemplificativo, elenca una serie di beni che devono considerarsi, salvo diversa indicazione del titolo d’acquisto, parti di proprietà comune.
 
Molte sentenze parlano di presunzione di condominialità: ad avviso di chi scrive (fondo quest’affermazione su argomentazioni fornite dalle Sezioni Unite sent n. 7449/93), si tratta non solamente presunzione di proprietà comune, ma di vera e propria comproprietà.
 
Come per ogni cosa, può accadere che sorgano dubbi sull’effettività titolarità di una parte dell’edificio: si pensi a contrasti in merito all’effettiva proprietà di una scala, di una cantina, del cortile.
 
In questi casi, se le parti interessate non trovano un accordo, e la lite finisce nelle aule di tribunale, la causa deve vedere il coinvolgimento di tutti i condomini. Diversamente, ossia se si trascurasse questo piccolo dettaglio, il processo potrebbe essere invalidato anche ad un passo dalla fine, vale a dire in Cassazione, oppure non produrre alcun effetto verso gli esclusi.
 
In tal senso, a parlare è la Cassazione, “come di recente affermato da questa Corte (Cass. n. 6607/2012), va, infatti, evidenziato che l'esigenza del litisconsorzio necessario fra tutti i condomini è da rapportarsi all'opponibilità del giudicato (relativo alla comproprietà dei condomini su un bene ovvero alla proprietà esclusiva di esso) nei confronti dei soli soggetti che hanno partecipato al giudizio, posto che gli altri partecipanti al condominio, rimasti pretermessi, non potrebbero giovarsi del giudicato sull'accertamento della natura comune del bene facente parte dell'edificio condominiale, né restare esclusi dalla proprietà di esso in forza dell'accoglimento della contrapposta domanda di accertamento della proprietà esclusiva. 
 
Va aggiunto che non è applicabile ai rapporti assoluti, quale quello di specie, la disciplina specifica dei rapporti obbligatori, secondo cui gli effetti favorevoli di una sentenza pronunciata nei confronti di uno o di alcuni dei diversi componenti dell'obbligazione solidale o indivisibile si comunicano agli altri (Cass. n. 6056/06), non essendo estensibile il criterio dettato in materia dall'art. 1306 c.c., in forza del rinvio ex art. 1317 c.c.” (Cass. 9 maggio 2013, n. 10996).
 
Insomma meglio prestare attenzione all’inizio, chiamando in causa tutti i condomini, piuttosto che perder tempo dopo.
 
Fonte : CondominioWeb.com

Al locatore che rifiuta.....

Al locatore che rifiuta la restituzione dell'immobile danneggiato spettano i pagamenti dei canoni fino a quando non ottiene le somme di denaro necessarie. E questo vale anche se il conduttore non usa più il cespite




28/05/2013
Cass. , sez. III Civile, sentenza del 24 maggio 2013, n. 12977
Nel caso in cui il conduttore abbia arrecato all'immobile gravi danni o effettuato non consentite innovazioni di tale rilievo che, nell'economia del contratto, sia necessario l'esborso di notevoli somme per eseguire le opere di ripristino, il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione è in via di principio legittimo fino a quando quelle somme non siano state corrisposte dal conduttore; la legittimità del rifiuto del locatore comporta, in applicazione dell'art. 1220 c.c., che fino ad allora persisterà la mora del conduttore, dunque tenuto anche al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand'anche abbia smesso di usare l'immobile secondo la destinazione convenuta.
 
Va soggiunto che l'applicazione del suddetto principio non può ritenersi incondizionata ed automatica. Non potrà ad esempio comportare la paradossale conseguenza che, in caso di oggettiva difficoltà economica del conduttore a provvedere alle necessarie opere, egli possa essere tenuto a pagare il canone indefinitamente, sol che il locatore continui a rifiutare la restituzione. Potrà altresì tenersi conto della situazione economica del locatore, in ipotesi in grado di affrontare senza particolari difficoltà le spese di ripristino, e per tale via escludersi che il rifiuto di ricevere la restituzione sia legittimo, con conseguente esclusione della mora debendi del conduttore.
 
Nella specie, avendo la Corte d'appello ritenuto che gli interni degli edifici fossero stati gravemente danneggiati sia per l'incuria della conduttrice che per atti vandalici (pagina 13 della sentenza), in applicazione dei suddetti principi il rifiuto dei locatori di ricevere l'offerta informale, non essendosi pacificamente perfezionata quella formale, fu legittimo, con la conseguente persistenza della mora debendi (ex art. 1220 c.c., ultimo inciso) del conduttore debitore della restituzione, pertanto tenuto al pagamento dei canoni fino al momento in cui gli fu erogato quanto dovutogli a titolo di risarcimento; il che avvenne a seguito di sentenza del Tribunale di Napoli n. 5039/2001, emessa in altro giudizio. 
 
Fonte : CondominioWeb.com

giovedì 16 maggio 2013

Ristrutturazione edifici storici solo con spazio per parcheggi


Ristrutturazione edifici storici solo con spazio per parcheggi

CdS: quando l’intervento implica un aumento del carico urbanistico obbligatorio l’aumento dei posti auto

 

16/05/2013 - In caso di ristrutturazioni e demolizioni con successive ricostruzioni di edifici storici o inagibili, nel progetto deve essere riservato uno spazio ai parcheggi. Si è espresso così il Consiglio di Stato con la sentenza 1995/2013.
Ristrutturazione edifici storici solo con spazio per parcheggi

Secondo il CdS, quando si realizza un edificio diverso dal preesistente oltre ai titoli edilizi e ai vincoli di legge deve essere rispettata la regola del diritto urbanistico in base alla quale nel titolo abilitativo deve essere identificato lo spazio per i parcheggi.

Si tratta infatti di interventi, sottolinea il Consiglio di Stato, soggetti al permesso di costruire che, comportando un aggravio del carico urbanistico, rendono necessario un aumento dei posti auto.

I parcheggi, spiega il Consiglio di Stato, possono essere realizzati in luoghi esterni all’edificio, al piano terreno, ma anche in aree esterne non adiacenti al fabbricato.

Nell’esame di un ricorso presentato per l’annullamento di un titolo abilitativo per il risanamento conservativo di un immobile, il CdS ha inoltre precisato che il Comune può assentire le opere anche se la riserva dello spazio da destinare ai parcheggi emerge da un’integrazione al progetto principale.

I giudici hanno infine chiarito che per poter essere oggetto di opere di risanamento, nel momento in cui viene presentato il titolo abilitativo l’immobile non deve trovarsi nella condizione di rudere perché in questo modo l’edificio risulterebbe inesistente dal punto di vista edilizio e sarebbe difficile assicurare il rispetto delle caratteristiche preesistenti.
Fonte : Edilportale.com

Stalking condominiale: prima di tutto rivolgersi all’amministratore


Stalking condominiale: prima di tutto rivolgersi all’amministratore

giovedì 16 maggio 2013

L'ANAMMI spiega come riconoscere la persecuzione tra inquilini dello stesso stabile e come difendersi
Stalking condominiale. E’ così che si definisce la persecuzione che riguarda due o più condomini nell’ambito di uno stesso immobile. “Non è la classica lite condominiale – precisa Giuseppe Bica, presidente dell’ANAMMI – ma una serie di atti illeciti che hanno un chiaro intento persecutorio. Invece di discutere ogni volta che ci si incontra o di fare un esposto, si preferisce una vendetta che prosegue per diverso tempo, distruggendo, letteralmente, l’esistenza degli altri”. Cosa fare in questi casi? L’ANAMMI fornisce alcuni consigli pratici. Innanzitutto, prima di fare denuncia, è sempre bene rivolgersi all’amministratore di condominio, il quale è investito del compito di rappresentante del condominio e anche di mediatore tra i proprietari dello stesso immobile.
La figura dell’amministratore può essere di aiuto nel ricostruire la vicenda anche nel caso si procedesse a consultare un legale o a presentare una denuncia penale. Se poi ci sarà un seguito giudiziario, lo stesso amministratore predisporrà una comunicazione ufficiale, in modo che tutti siano a conoscenza della conclusione del caso. Finora le cause per stalking hanno registrato un percorso più rapido rispetto ad altre dispute giudiziarie, ma non bisogna cadere nell’errore di valutare come stalking condominiale quella che è una banale lite di pianerottolo. “Ecco perché – conclude Bica – è necessario valutare con attenzione l’effettiva sussistenza del problema“.

Fonte : Quotidianocasa.it

Perché lo stato di degrado della facciata dell'edificio non può essere considerato un vizio dell'appartamento?

Perché lo stato di degrado della facciata dell'edificio non può essere considerato un vizio dell'appartamento?

15/05/2013
di Alessandro Gallucci



Tizio vende a Caio un’unità immobiliare ubicata nel condominio Alfa; dopo poco tempo l’assemblea, condomino Caio, delibera l’esecuzione di lavori straordinari di rifacimento della facciata.

Caio non ci sta, o meglio, ritiene di non dover pagare e, tra le altre cose, motiva la sua presa di posizione sostenendo che lo stato di degrado della facciata dell’edificio dovesse rappresentare un vizio del bene compravenduto.

Norma di riferimento di questa presa di posizione, l’addentellato normativo, come si suol dire, è l’art. 1490 c.c., riguardante Garanzia per i vizi della cosa venduta, che recita:

Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.

Il fatto è realmente accaduto e la causa che ne è derivata è arrivata fino alle aule della Corte di Cassazione.

I giudici di piazza Cavour, come quelli di secondo grado la cui sentenza veniva impugnata da Caio, hanno respinto le argomentazioni di quest’ultimo.

Motivo? Le condizioni del palazzo, nella specie quelle della facciata, sono una caratteristica dell’unità immobiliare in esso collocata.

Si legge nella sentenza che la Corte d’appello “in modo adeguato e logico ha, per un verso, escluso che lo stato di degrado delle facciate del fabbricato condominiale (così come di altre parti comuni, in generale), nel quale era ubicato l'immobile oggetto della compravendita, potesse costituire propriamente un vizio del bene di tale contratto, risolvendosi, piuttosto, in una caratteristica o qualità dell'immobile che, pacificamente, non era di recente costruzione e, quindi, non si sarebbe potuto considerare nuovo, e, per altro verso, in base ad accertamento di fatto congruamente apprezzato (e, perciò, incensurabile nella presente sede di legittimità: cfr. Cass. n. 15395 del 2000; Cass. n. 5251 del 2004 e Cass. n. 3644 del 2007), ha evidenziato come tale situazione (caratterizzante l'edificio condominiale e, come tale, implicante la necessità di interventi di manutenzione straordinaria) fosse evidente e palesemente visibile, onde non poteva qualificarsi né come occulta né come sconosciuta all'acquirente (che, peraltro, rivestiva la qualifica, particolarmente idonea allo scopo, di mediatore professionale di compravendite immobiliari), il quale aveva stimato il valore del negozio (oggetto della vendita, unitamente alle sue pertinenze e alla quota di parti comuni) nella "situazione di fatto in cui si trovava", che, oltretutto, aveva indubbiamente influito sulla determinazione del prezzo da corrispondere per l'alienazione dell'immobile” (Cass. 2 maggio 2013 n. 10239)..

Come dire: non si poteva parlare nemmeno di vizio occulto e per di più chi comprava (il nostro Caio) era esperto delle settore immobiliare.

“Alla stregua di tali argomentazioni la Corte lombarda ha motivatamente ritenuto che, trattandosi della vendita di un bene appartenente ad un edificio condominiale certamente non nuovo (ed anzi di costruzione molto risalente nel tempo), il concreto (ed accertato) stato di vetustà ("evidente e visibilissimo") integrasse una caratteristica o qualità negativa del bene stesso (v. Cass. n. 5251 del 2004 e Cass. n. 23346 del 2009) che non era propriamente riconducibile al concetto di vizio come enucleato nell'art. 1490 c.c. (la cui garanzia, in ogni caso, si sarebbe dovuta considerare esclusa, ai sensi dell'art. 1491 c.c., stante la conoscenza di tale stato di degrado nella sua manifestazione esteriore o, comunque, la facile riconoscibilità di tale condizione, per come adeguatamente accertato in fatto dalla stessa Corte territoriale: cfr. Cass. n. 38 del 1979 e, da ultimo, Cass. n. 1258 del 2013), senza che, perciò, nella fattispecie, si fossero venuti a configurare i presupposti per l'applicabilità della disciplina prevista dall'art. 1495 c.c.” (Cass. 2 maggio 2013 n. 10239).

Insomma se si compra casa in un palazzo “che non sta messo poi così bene”, non ci si può lamentare se da lì a poco si è costretti a sostenere spese per la sua manutenzione. Meglio trattare sul prezzo.

Fonte : CondominioWeb.com

Bollette luce e gas: nuove regole per i pagamenti in ritardo.

Bollette luce e gas: nuove regole per i pagamenti in ritardo.

16/05/2013
di Alessandro Gallucci



L’Autorità Garante per l’energia elettrica ed il gas, con la delibera n. 67/2013 http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/13/067-13.pdf) , ha introdotto nuove regole per i casi di morosità nei pagamenti.
 
Il campo di riferimento è quello della fornitura sia dell’energia elettrica che del gas.
 
Precedentemente le regole applicabili in caso di ritardi nei pagamenti erano reperibili nelle seguenti delibere della medesima Autorità:
delibera 4/2008 per l'energia elettrica;

delibera 99/2011 per il gas.

Vediamo più da vicino le novità.
 
Ritardi e termine finale di pagamento
Prima di entrare nello specifico è bene evidenziare una peculiarità che resta inalterata. 
 
Per il settore elettrico resta valida la regola secondo la quale, l’esercente la vendita può Richiedere all’impresa distributrice la sospensione della fornitura e, con riferimento al settore elettrico e qualora sussistano le condizioni tecniche del misuratore, che prima della sospensione della fornitura venga comunque effettuata una riduzione della potenza disponibile (cosiddetto depotenziamento) e che, decorso un ulteriore periodo dalla riduzione della potenza disponibile, in caso di mancato pagamento degli importi da parte del cliente finale avvenga l’effettiva sospensione della fornitura (Del. n. 67/2013).
 
In questo contesto persisterà l’obbligo, si legge in un comunicato stampa dell’Aduc (http://www.aduc.it/comunicato/forniture+energia+elettrica+gas+nuove+regole+chi_21293.php), tramite l'invio di una raccomandata a/r, di avvisare l'utente del mancato pagamento della bolletta e del conseguente rischio di subire la sospensione della fornitura di elettricita' o gas.
 
Ciò che cambia, proseguono dall’associazione riprendendo le novità introdotte con la delibera n. 67/2013, sono i termini.
 
Così, ad esempio, sulla lunghezza dei termini s’è previsto un allungamento dei medesimi s’è vero, com’è vero che Il termine di pagamento ingiunto con la lettera non può essere inferiore a 15 giorni dall'invio della stessa, 5 in più rispetto al termine precedentemente valido.
 
Non solo: nella lettera deve essere specificato il giorno dal quale parte il conteggio del termine, e se esso non corrisponde all'invio (ma all'emissione) il termine minimo utile per pagare dev'essere di 20 giorni 
 
Viene introdotta una fascia di tolleranza minima , vale a dire un termine entro il quale può scattare la sospensione della fornitura, che ugualmente deve essere indicato nella lettera, e che non può essere inferiore a tre giorni lavorativi dalla scadenza utile per pagare (fonte Aduc).
 
Ritardi e disservizi del fornitore
La deliberazione n. 67/2013, fanno sapere dell’Aduc nel proprio comunicato, incide anche sugli obblighi del fornitore del servizio.
 
Si legge nel comunicato stampa che In caso di mancato rispetto dei propri obblighi o dei termini suddetti il fornitore deve accreditare in bolletta un indennizzo automatico che in alcuni casi è di 30 euro (sospensione della fornitura senza aver inviato il preavviso) ed in altri è di 20 euro (sospensione della fornitura attivata prima della scadenza del termine utile per pagare o prima dei tre giorni lavorativi successivi). 
 
Di tale suo nuovo obbligo il fornitore deve dare notizia nella lettera di preavviso.
 
In buona sostanza s’impone ai fornitori di energia elettrica e gas maggiore trasparenza.
 
Due esempio per spiegare.
 
Tizio deve pagare una bolletta, non lo fa e gli li sospende il servizio nemmeno mandargli una racc. a.r.: egli, allora, avrà diritto ad un indennizzo automatico da inserirsi in bolletta, quale credito, parti ad euro 30 (lo stesso indennizzo è dovuto nel caso di riduzione della potenza).
 
Caio viene intimato, tramite racc. a.r., di pagare entro il 15 maggio.
 
Egli paga il 17 ma già il 16 gli è stata sospesa la fornitura; in tal caso avrà diritto ad un rimborso pari ad euro 20.
 
Gli indennizzi sono richiedibili senza che ciò comporti la perdita di agire per le vie ordinarie al fine di ottenere il risarcimento del maggior danno (dimostrabile) subito.
 
In ogni caso, ricordano dall’Aduc, nella lettera di preavviso deve anche essere resa nota la modalita' con la quale l'utente deve comunicare al proprio fornitore l'avvenuto pagamento. Solitamente viene indicato un numero di fax ma per sicurezza e' bene -soprattutto se si e' a ridosso della scadenza del termine utile per pagare- inviare una rac

Fonte : CondominioWeb

mercoledì 15 maggio 2013

Piemonte, un bando per rimuovere l’amianto dalle scuole


Piemonte, un bando per rimuovere l’amianto dalle scuole

Previsti anche incentivi per successivi interventi di ripristino e miglioramento energetico

vedi aggiornamento del 29/04/2013

02/04/2013 - Via l’amianto dalle coperture degli edifici scolastici: è questa la finalità delbando pubblicato dalla Regione Piemonte che stanzia 2 milioni e 260 mila euro per l’eliminazione e lo smaltimento delle fibre inquinanti presenti sulle scuole comunali e provinciali piemontesi.
Piemonte, un bando per rimuovere l’amianto dalle scuole



L’iniziativa è nata attuando le previsioni e le priorità della LR 30/2008 con cui il Piemonte ha legiferato in materia di risanamento ambientale, bonifica e smaltimento dell’amianto. Il bando prevede, inoltre, una maggiorazione dell’agevolazione per gli interventi di ripristino e miglioramento dell’efficienza energetica degli stessi edifici, successivi alle opere di bonifica.

Destinatari dei contributi sono le Province ed i Comuni proprietari degli edifici scolastici che abbiano censito gli stessi nell’applicativo EDISCO (Anagrafe Edilizia Scolastica) della Regione Piemonte entro il 21 aprile 2013; ciascun ente può presentare più richieste di contributo relative a singoli edifici scolastici.

Il bando prevede contributi per importi maggiori di 10 mila euro, con finanziamenti massimi ammissibili pari:
- al 100% dell’importo delle opere di bonifica e smaltimento dell’amianto;
- a 75 mila euro per le opere di ripristino, oltre alla quota relativa alla bonifica;
- a 50 mila euro per le opere di miglioramento energetico.

I contributi saranno concessi in via prioritaria agli interventi di rimozione dell’amianto in matrice friabile e saranno attribuiti in base ad un sistema a punteggi valutando:
- la quantità di materiale a smaltire;
- la superficie delle coperture;
- la frequenza di utilizzo;
- la distanza dal centro abitato;
- la densità di popolazione interessata;
- il numero di soggetti frequentatori nell’anno in corso;
- l’età media degli alunni.

Beneficeranno di un punteggio maggiore gli interventi che integrano l’eliminazione dell’amianto con il contenimento energetico della copertura dell’edificio raggiungendo un valore di trasmittanza massimo pari a 0,23 W/m2K.

I soggetti interessati potranno presentare le domande dal 29 aprile al 6 giugno 2013 secondo le modalità previste dal bando.
Fonte : Edilportale.com

Conto Energia, ok agli incentivi anche se la PA si pronuncia in ritardo


Conto Energia, ok agli incentivi anche se la PA si pronuncia in ritardo

CdS: se il privato che realizza l’impianto fotovoltaico presenta la domanda nei termini va inserito in graduatoria



15/05/2013 - Un soggetto che ha realizzato un impianto fotovoltaico non può essere escluso dagli incentivi per ritardi imputabili alla Pubblica Amministrazione. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con lasentenza 2005/2013.
Conto Energia, ok agli incentivi anche se la PA si pronuncia in ritardo
Il Consiglio di Stato ha valutato il caso di un soggetto che aveva presentato ricorso contro il Gse, Gestore del servizi energetici, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Ambiente perché fosse annullata la graduatoria con cui era stato escluso dagli incentivi del Quarto Conto Energia.

Esaminando il caso, il CdS ha rilevato che il privato aveva presentato al Comune la domanda di idoneità del titolo edilizio dell’impianto fotovoltaico realizzato entro i termini stabiliti per poter usufruire degli incentivi.

Al contrario, per una serie di perplessità interpretative sul DM 5 maggio 2011 – Quarto Conto Energia, e sulla competenza del Comune a rilasciare questo tipo di attestazioni, la Pubblica Amministrazione si era pronunciata in ritardo, comportando l’esclusione dalla graduatoria.

Il Consiglio di Stato ha però sottolineato che i ritardi della Pubblica Amministrazione non possono procurare un danno al privato.

Allo stesso tempo, a detta del CdS, secondo la logica della leale collaborazione il Gse dopo aver verificato che la domanda era stata presentata in tempo utile, avrebbe dovuto fissare un termine per consentire al privato di integrare la documentazione.

Dopo l’annullamento della graduatoria, il soggetto che ha realizzato l’impianto fotovoltaico è stato quindi ammesso agli incentivi.
Fonte : Edilportale.com