lunedì 28 ottobre 2013

Posso sfondare il muro tra due miei locali anche se non sono nello stesso edificio? No senza il consenso di tutti gli interessati.

Posso sfondare il muro tra due miei locali anche se non sono nello stesso edificio? No senza il consenso di tutti gli interessati.


28/10/2013
di Alessandro Gallucci 


Rappresenta un uso illecito della cosa comune l’apertura di un varco sul muro perimetrale finalizzato a mettere in comunicazione due locali di proprietà della stessa persona. S’è vero che l’apertura di varchi sui muri non è di per sé annoverabile tra gli usi illeciti dei beni comuni, è altrettanto vero che farlo verso un altro edificio (anche se di proprietà di uno dei condomini) porta con sé il rischio della possibile costituzione di una servitù di passaggio.
 
Questa, nella sostanza, la decisione resa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 21395 del 18 settembre 2013.
 
L’uso della cosa comune è disciplinato dal primo comma dell’art. 1102 c.c., che recita:
 
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
 
Che cosa vuol dire la norma? Secondo la Cassazione, che si ripete ormai da anni sostanzialmente negli stesi termini, "il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non e’ da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioe’ da tutti i condomini nell’unita’ di tempo e di spazio, perche’ se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilita’ per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine" (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).
 
Insomma diritto all’uso paritario, anche se contemporaneo, con attenzione a non modificare la destinazione d’uso ne ad alterare il decoro.
 
Fino al 18 giugno 2013 (data di entrata in vigore della riforma del condominio) per tutti gli usi illeciti della cosa comune, l’art. 1102 c.c. rappresentava la norma di riferimento. A far data da quel giorno, invece, c’è anche l’art. 1117-quater c.c. ha disciplinare la materia delle conseguenze dell’uso illecito.
 
Recita la norma: “In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo 1136”.
 
Ciò che è certo è che, tanto ai sensi dell’art. 1102 c.c., quanto in ragione del 1117-quater c.c., “in tema di utilizzazione del muro perimetrale dell'edificio condominiale da parte del singolo condomino, costituiscono uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1122 c.c., le aperture praticate dal condomino nel detto muro per mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell'edificio condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione e possono dar luogo all'acquisto di una servitù (di passaggio) a carico della proprietà condominiale (cfr., fra le tante, Cass. 6/2/2009 n. 3035; Cass. 19/4/2006, n. 9036; Cass. 18/2/1998 n. 1708 Cass. 13/1/1995 n. 360; 7/3/1992 n. 2773; 25/10/1988 n. 5780)” (Cass. 18 settembre 2013 n. 21395).

Fonte : condominioweb.com

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