Niente indennità per perdita di avviamento se l'attività commerciale è irregolare
26/02/2014
di Alessandro Gallucci
Nel caso in cui, astrattamente, un conduttore di un immobile locato per uso diverso da quello abitativo abbia diritto a chiedere la così detta indennità per perdita di avviamento, per ottenerla è necessario che l'attività commerciale esercitata sia in possesso di tutte le autorizzazione richieste dalla legge.
L'onere di provare tale aspetto, infine, ricade sul conduttore richiedente il ristoro economico.
La Cassazione – con la sentenza n. 26225 del 23 novembre 2013 ribadendo, tra l'altro, un proprio consolidatissimo orientamento – è tornata a pronunciarsi sul tema dell'indennità dovuta al conduttore ai sensi dell'art. 34 della legge n. 392/78.
Locazioni commerciali
Si parla di locazioni commerciali ma, in verità facendo riferimento ai contratti conclusi per consentire l'esercizio dell'attività lavorativa in genere, la legge di riferimento, ossia la legge n. 392/78, parla più genericamente di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione.
Un commerciante vuole prendere in locazione un locale? Si applica la legge n. 392/78.
Un albergatore vuole intraprendere la propria attività in centro città? Idem.
Norme di riferimento sono quelle contenute negli artt. 27 e seguenti della legge testé citata.
Il contratto ha una durata minima di sei anni, salvo per il caso delle locazioni per attività alberghiere (rispetto alle quali la durata minima è fissata in nove anni) e per quelle stagionali che possono avere anche durata inferiore.
L'intento del legislatore, nel disciplinare questo genere di locazioni (l'ammontare del canone è rimesso alla libera contrattazione delle parti), è stato, tra gli altri, anche quello di garantire la continuità nell'esercizio delle attività commerciali-artigianali-professionali nel rispetto dei diritti del proprietario dell'immobile adibito a tale uso.
Proprio in quest'ottica dev'essere inquadrato il diritto del conduttore a ricevere la così detta indennità per la perdita di avviamento.
Indennità per perdita di avviamento
L'art. 34 della legge n. 392/78 specifica che In caso di cessazione del rapporto di locazione per uso diverso da quello abitatyivo, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o al fatto che lo stesso sia sottoposto ad una procedura concorsuale, l'inquilino ha diritto, per le attività indicate dall'articolo 27 (ossia commerciali e artiginali quelle professionali sono escluse ex art. 35, ecc.), ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto. Per il caso di attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità.
L'indennità è maggiorata se lo stesso immobile viene adibito nell'anno successivo ad attività commerciali uguali o comunque simili.
Indennità e rispetto delle regole
È evidente che l'indennità per la perdita di avviamento serve a compensare il conduttore del valore aggiunto creato al luogo di esercizio del commercio nel caso in cui la rescissione del contratto non dipenda in alcun modo da lui.
In questo contesto, però, come si diceva in principio, tutto dev'essere il regola.
Secondo la Cassazione, infatti, La tutela dell'avviamento commerciale, apprestata dagli artt. 34 - 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, utilizzati per un'attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell'attività senza le prescritte autorizzazioni, poiché il presupposto della tutela risiede nella liceità dell'esercizio dell'attività medesima, in quanto si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l'applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all'avviamento ed alla prelazione, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate (Cass. n. 7501/2007, conformi Cass. n.635/07, Cass. n. 10187/2005, Cass. n. 1235/2003; Cass. n. 12966/2000, Cass. n. 5265/1993, tra le tantissime) (Cass. 22 novembre 2013, n. 26225).
Fonte: CondominioWeb.com
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