Realizzazione di un pergolato sul terrazzo dell'immobile proprietà esclusive. Quando può ritenersi abusivo?
13/02/2014
Avv. Gian Luca Ballabio
(Cons. Stato, sez. V, sent. 27 gennaio 2014, n. 407)
Il caso in esame. Il ricorrente ha impugnato la sentenza del T.A.R. che aveva ritenuto legittimi l’ordine di demolizione degli interventi “di tamponatura e copertura tramite vetrate di un pergolato posto sul terrazzo dell’immobile di sua proprietà” poiché ritenutinon sanabili ai sensi della disposizione dell’art. 32 L. n. 47/85, in quanto “incompatibili con la tutela gravante sull’immobile, in quanto modificano in modo inaccettabile l’estetica e l’immagine dell’edificio vincolato”.
Nozione di pergolato. In giurisprudenza è orientamento consolidato che "ai fini edilizi si intende per pergolato un manufatto avente natura ornamentale realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni" (T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. I , sent. 29 agosto 2012, n. 1481). Infatti, mentre il pergolato costituisce una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore ed è destinato a creare ombra , la tettoia può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta l’abitabilità dell’immobile (Cass. pen, sez. III, sent. 19 maggio 2008, n. 19973).
Conseguenze in tema di titoli abilitativi. La corretta individuazione di un’opera come pergolato è di fondamentale importanza per verificarne la legittimità secondo la normativa di settore. In particolare “la giurisprudenza è costante nel ritenere che non sia necessaria alcuna concessione edilizia allorché l’opera consista in una struttura precaria, facilmente rimovibile, non costituente trasformazione urbanistica del territori” (Cons. Stato, Sez. V, sent. 7 novembre 2005, n. 6193).
Alla luce di tale principio è stato ritenuto legittimo “un pergolato costituito da una intelaiatura in legno che, come risulta dal verbale in atti, non è infissa né al pavimento né alla parete dell’immobile alla quale è semplicemente addossata, né risulta chiusa in alcun lato, nemmeno sulla copertura”. Ciò poiché l’opera non“altera lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore dell’edificio con incidenza di carattere edilizio, ambientale, estetico o funzionale in quanto l’atto si limita ad affermare che il pergolato contrasterebbe con le distanze dai confini e dai fabbricati previste dal regolamento edilizio, fattispecie questa che non appare ipotizzabile, trattandosi di struttura aperta e senza creazione di volume” (Cons. Stato, cit.).
In caso, poi, di costruzioni abusive, è stato ritenuto che ai sensi della disposizione dell’art. 32 della Legge n. 47/1985 “il rilascio della concessione in sanatoria per le opere edilizie abusive ricadenti su aree sottoposte a vincolo è subordinato al previo rilascio del parere favorevole dell’amministrazione o dell’organo preposto alla tutela del vincolo, parere che non ha carattere solo obbligatorio ma è vincolante per le determinazioni del Comune.
Il riferimento espresso all’atto vincolante, quindi, motiva adeguatamente il provvedimento comunale, soprattutto ove si consideri che il giudizio circa la compatibilità di costruzioni abusive con gli interessi alla tutela ambientale e paesaggistica spetta pienamente agli organi a ciò preposti.
Conseguentemente è “legittimo il provvedimento negatorio e sanzionatorio emanato dall’autorità comunale avverso costruzioni abusive, così motivato” (Cons. Stato, sez.. V, sent. 16 febbraio 2012, n. 749; Con. Stato, sez. VI, 24 settembre 1996, n. 1248).
La sentenza in commento. Nella recente pronuncia del Consiglio di Stato uno dei profili di censura, come osservato, è stato relativo alla circostanza che l’Amministrazione “avrebbe dichiarato con formula tautologica l’incompatibilità delle opere da condonare con il bene tutelato, per cui erroneamente il primo giudice non avrebbe censurato la determinazione assunta, benché priva di un puntuale ed adeguato supporto motivazionale”.
Il Collegio, però, ha sottolineato come la “motivazione assunta a sostegno del diniego (consistente nell’inaccettabile modifica all’estetica ed all’immagine dell’edificio vincolato), anche se formulata in modo invero sintetico, risulti comunque sufficiente, nella specie, a dare ragione della determinazione assunta”.
Infatti, secondo giudice di appello si desumeva dalla documentazione in atti come “l’abuso edilizio per cui è causa consiste in una nuova volumetria abitativa di significativa consistenza, ubicata in pieno centro storico, realizzata in elevazione su una terrazza preesistente e caratterizzata da materiali non di pregio.
Non v’è dubbio alcuno, quindi, come detto intervento abusivo si ponga in oggettiva disarmonia rispetto all’immobile tutelato, come rilevato dall’Amministrazione.
In altri termini, attesa la natura, a consistenza, l’ubicazione e le caratteristiche del manufatto oggetto di condono, non era ragionevolmente necessario che l’Amministrazione si profondesse in ampie argomentazioni per evidenziarne l’oggettiva incompatibilità con il bene oggetto di tutela, risultando all’uopo sufficiente la sintetica formula adoperata, ricognitiva di una situazione di fatto riscontrabile per tabulas”.
Conclusione. La realizzazione di un pergolato o la sua modifica possono essere fonte di abuso edilizio qualora comportino un aumento della volumetria o influiscano sull’aspetto estetico dell’immobile tutelato.
Per eliminare tale abuso l’Amministrazione può motivare la propria ordinanza di demolizione anche rimandando, qualora sia previsto, al provvedimento vincolante della Soprintendenza senza ulteriore ampie argomentazioni.
Condominio Web
Fonte : condominioweb.com
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