venerdì 28 febbraio 2014

Questo condominio non è una pensione.

Questo condominio non è una pensione.

27/02/2014
Avv. Leonarda Colucci


(Tribunale di Roma sentenza n.781/2014)

L'appartamento condominiale non può essere adibito ad uso pensione. I responsabili, di tale violazione, sono la locatrice, che non ha fatto rispettare il regolamento, quanto il conduttore.

Il fatto. Con atto di citazione un condominio di Roma ha citato la società conduttrice di un appartamento e la proprietaria (locatrice) dello stesso, poiché tale immobile era stato adibito ad “ uso pensione ai turisti” contravvenendo a quanto sancito dall'articolo 20 del Regolamento condominiale. Tale clausola, infatti, vietava ai proprietari degli immobili ricadenti nello stabile condominiale di adibire le unità ad attività che potevano contrastare con l'igiene, la tranquillità, ed il decoro del fabbricato. A causa dell'utilizzo ad uso pensione dell' appartamento locato in questione nello stabile condominiale vi era un continuo via vai di persone che comprometteva seriamente la tranquillità dell'intero stabile, pertanto il Condominio tenendo conto del mancato rispetto della clausola regolamentare ha deciso di chiamare in giudizio la società conduttrice dell'immobile e la locataria per ottenere una sentenza che imponga la cessazione dell'attività per uso turistico nell'appartamento in questione.

Citati in giudizio i convenuti si opponevano alla richieste del Condominio sostenendo:

Per la proprietaria (locatrice) la carenza di legittimazione passiva in quanto non era la titolare dell'attività svolta nel suo appartamento,
mentre la società conduttrice ribadiva l'inopponibilità nei suoi confronti del regolamento condominiale in quanto non condomina. Nel merito i convenuti puntualizzavano che l'attività svolta non era assimilabile alla pensione, e che i divieti regolamentari non potevano essere soggetti ad interpretazione analogica rilevando che l'attività svolta non poteva differire da una semplice locazione anche se ogni singolo soggiorno non superava i tre mesi.
La questione di merito. Il Giudice unico della quinta sezione del Tribunale di Roma affronta una questione preliminare e cioè quella della carenza di legittimazione passiva della locatrice proprietaria dell'immobile, ritenendo che quest'ultima dopo essere stata sollecitata dal condominio, lamentatosi del continuo via vai di persone nell'unità immobiliare in questione durante tutte le ore del giorno e della notte, avrebbe potuto chiedere alla società conduttrice il rispetto del divieto previsto dal regolamento condominiale accettato al momento della stipula del contratto di locazione. La locatrice, quindi, non avendo fatto ricorso alla risoluzione del contratto per inadempimento dell'obbligo previsto dal regolamento, deve essere considerata anch'essa responsabile e quindi, a parere della sentenza in commento, legittimata passiva nel giudizio instaurato. (Cass. 11383/2006). Allo stesso modo anche il conduttore assume gli stessi obblighi gravanti sul suo dante cause (locatrice) che legittimano quindi la sua chiamata in giudizio. (Cass.15756/2001, Cass. Civ. sez. III, 21 gennaio 2010, n.1003).

Il divieto imposto dalla norma condominiale deve essere rispettato da locatore e conduttore. Entrando nel merito della questione il Giudice Unico del Tribunale romano ha rilevato che, nel caso di specie, l'articolo 20 del regolamento condominiale vietava di adibire “a pensione ad uso turistico” gli appartamenti dello stabile al fine di tutelare la tranquillità della vita comune. Dunque dopo aver verificato che l'appartamento locato era stato destinato ad uso turistico, la questione di diritto si incentra sul significato da attribuire all'espressione “pensione ad uso turistico” attività, questa, chiaramente vietata dal regolamento condominiale.

Dall'esame del Regolamento condominiale il giudice ha potuto constatare che l'articolo 20 di detto regolamento prescrive che è vietato adibire gli appartamenti ad uso pensione, la norma inoltre in modo molto più generale vieta nel complesso ai proprietari delle singoli unità immobiliari di adibire gli appartamenti all'esercizio di attività che possano compromettere la tranquillità della vita in comune.

La sentenza aderendo ad un orientamento giurisprudenziale consolidato ha evidenziato che le limitazioni che il regolamento condominiale impone ai titolari degli immobili devono essere specifiche essendo invalide quelle pattuizioni regolamentari che limitino l'esercizio del diritto di proprietà in modo generico, pertanto le norme limitatrici delle facoltà che ogni proprietario può esercitare, finalizzate a perseguire una utilità generale, devono essere chiare e rigorose . (Cass. 3002/2010,Cass.16832/2009). Dopo queste premesse la sentenza si è soffermata sull'interpretazione della norma condominiale in questione, rilevando che nel caso di specie non è necessario fare ricorso ad una interpretazione estensiva e analogica della stessa poiché occorre stabilire esclusivamente qual è il bene tutelato dalla clausola e cioè la tranquillità dello stabile condominiale, che non può essere turbata dall'utilizzo per fine turistico di una delle unità immobiliari che comporta un continuo andirivieni di persone nello stabile in ogni ora del giorno e della notte. (in tema di interpretazione del regolamento condominiale vedasi: Cass. civ., 14.10.2011, n. 21318,; Cass. civ., 30.6.2011, n. 14460). Quindi la presunta genericità della norma condominiale posta a fondamento dei convenuti ( locatrice proprietaria dell'appartamento e società conduttrice titolare della pensione ad uso turistico) non è stata accolta dalla pronuncia che si commenta.

La sentenza in questione ha rilevato che la natura ricettiva propria della casa vacanze adibita ad uso pensione, uso impresso dalla società conduttrice all'unità immobiliare del condominio attore, lascia trapelare con chiarezza una palese violazione del divieto imposto dal regolamento condominiale. Fra l'altro il limitato arco temporale (tre mesi) entro il quale si succedono gli ospiti della pensione lascia intuire le difficoltà degli stessi di adeguarsi alle necessità di tranquillità che il regolamento condominiale cerca di salvaguardare.

La sentenza, infine, ha rilevato come nel caso di specie la clausola regolamentare fa riferimento ad un divieto genericamente rivolto a tutte le strutture ricettive caratterizzate dal rapido avvicendamento della clientela a nulla rilevando l'utilizzo nella stessa clausola del termine “pensione”: poiché anche tale utilizzo dell'immobile benché si riferisca ad un'attività di modeste dimensioni è pur sempre significativa di un'attività ricettiva che implica un costante avvicendamento della clientela.

In virtù di tali valutazioni il Giudice Unico del Tribunale di Roma ha condannato i convenuti (locatrice proprietaria dell'appartamento condominiale e società conduttrice )alla cessazione della locazione ad uso turistico.

Fonte: CondominioWeb.com

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