Contro il “carobollette” secondo Legambiente è necessario vigilare contro il rischio di cartelli sui prezzi. Necessaria una vera concorrenza nel mercato elettrico.
In effetti, continuano anomalie nella borsa elettrica, che si possono spiegare solo con un accordo tra produttori per far risalire il prezzo nelle ore serali e recuperare i guadagni che il fotovoltaico sta ogni giorno di più erodendo. È un dato di fatto: i 16 GW di fotovoltaico installati stanno facendo sentire fortemente il loro peso soprattutto al picco della domanda elettrica (e del costo alla borsa), ossia dopo le 11 di mattina, producendo energia dal sole a costo zero.
La conseguenza è che questo picco nella borsa elettrica non esiste più, perché si è ridotta la domanda di energia da centrali termoelettriche, mentre si sta verificando un clamoroso aumento di sera, verso le 18-20, senza una spiegazione logica. O meglio, secondo Legambiente una spiegazione ci sarebbe: i produttori da fonti convenzionali si rifanno dei mancati guadagni, mettendosi d’accordo sugli aumenti.
Non si può accettare che per questi problemi delle aziende a pagare siano i consumatori.
Inoltre (come sostiene il più volte citato dossier di Legambiente), se si vuole ridurre la bolletta elettrica è bene che Ministeri e Autorità accendano i riflettori su quanto sta succedendo nei pompaggi degli impianti idroelettrici. Perché incredibilmente anno dopo anno se ne sta riducendo l’uso, quando sono un eccellente sistema di accumulo dell’energia elettrica, per utilizzarlo nelle ore di punta.
L’impressione è che lo scarso utilizzo dipenda dagli interessi di chi li gestisce in concessione che non vuole fare concorrenza, con un proprio impianto da fonte rinnovabile, ai propri impianti da fonti fossili.
E a proposito di mercato e di concorrenza, non è con sussidi mascherati che si affronta il tema della flessibilità necessaria nella gestione di un sistema dove è così forte il ruolo delle fonti rinnovabili (e quindi con sbalzi nella produzione e bisogno di centrali di “riserva”). Occorrono criteri trasparenti per garantire questa riserva attraverso gli impianti più efficienti e in grado di rispondere a queste esigenze, scelti attraverso gare trasparenti.
In effetti, continuano anomalie nella borsa elettrica, che si possono spiegare solo con un accordo tra produttori per far risalire il prezzo nelle ore serali e recuperare i guadagni che il fotovoltaico sta ogni giorno di più erodendo. È un dato di fatto: i 16 GW di fotovoltaico installati stanno facendo sentire fortemente il loro peso soprattutto al picco della domanda elettrica (e del costo alla borsa), ossia dopo le 11 di mattina, producendo energia dal sole a costo zero.
La conseguenza è che questo picco nella borsa elettrica non esiste più, perché si è ridotta la domanda di energia da centrali termoelettriche, mentre si sta verificando un clamoroso aumento di sera, verso le 18-20, senza una spiegazione logica. O meglio, secondo Legambiente una spiegazione ci sarebbe: i produttori da fonti convenzionali si rifanno dei mancati guadagni, mettendosi d’accordo sugli aumenti.
Non si può accettare che per questi problemi delle aziende a pagare siano i consumatori.
Inoltre (come sostiene il più volte citato dossier di Legambiente), se si vuole ridurre la bolletta elettrica è bene che Ministeri e Autorità accendano i riflettori su quanto sta succedendo nei pompaggi degli impianti idroelettrici. Perché incredibilmente anno dopo anno se ne sta riducendo l’uso, quando sono un eccellente sistema di accumulo dell’energia elettrica, per utilizzarlo nelle ore di punta.
L’impressione è che lo scarso utilizzo dipenda dagli interessi di chi li gestisce in concessione che non vuole fare concorrenza, con un proprio impianto da fonte rinnovabile, ai propri impianti da fonti fossili.
E a proposito di mercato e di concorrenza, non è con sussidi mascherati che si affronta il tema della flessibilità necessaria nella gestione di un sistema dove è così forte il ruolo delle fonti rinnovabili (e quindi con sbalzi nella produzione e bisogno di centrali di “riserva”). Occorrono criteri trasparenti per garantire questa riserva attraverso gli impianti più efficienti e in grado di rispondere a queste esigenze, scelti attraverso gare trasparenti.
La strada più lungimirante per superare la crisi che stanno vivendo gli impianti a gas a ciclo combinato (schiacciati tra fonti rinnovabili e i più economici e inquinanti impianti a carbone) è quella che passa per una tassazione che spinga innovazione e concorrenza nell’offerta elettrica, premiando l’efficienza in termini di emissioni di CO2.
In Italia l’introduzione di una carbon tax sulla produzione termoelettrica permetterebbe di spingere questa prospettiva, attraverso un intervento sull’accisa da differenziare sulla base delle emissioni di CO2 prodotte dagli impianti.
Una politica di questo tipo permetterebbe di premiare le produzioni più efficienti (come le centrali a gas a discapito di quelle a carbone o a olio combustibile) generando nuove risorse.
Una politica di questo tipo permetterebbe di premiare le produzioni più efficienti (come le centrali a gas a discapito di quelle a carbone o a olio combustibile) generando nuove risorse.
a cura di Anna Carbone
Fonte : Attico.it
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