Presunzione di condominialità: si chiede l’intervento delle Sezioni Unite ma per la Cassazione non ce n’è bisogno
23/01/2014di Alessandro Gallucci
La parte di un edificio in condominio rientrante nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c. (es. scale) o comunque, per sua natura e funzione, destinata ad essere utilizzata quale strumento di miglior godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, deve considerarsi in condominio o deve presumersi tale, salvo diversa indicazione del titolo d’acquisto?
Il dubbio, quasi amletico, rappresenta una delle irrisolte meno considerate della legislazione condominiale. Il fatto, nel lontano 1993, fu sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite, ma evidentemente ciò non è bastato. Vediamo perché.
Dire che un bene è di proprietà di qualcuno o dire che si presume di sua proprietà non è la stessa cosa.
Di questo ne erano convinte le Sezioni Unite (sentenza n. 7449 del 1993), secondo le quali “la norma dell'art. 1117 del codice civile stabilendo che: "Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo", le cose in essa elencate nei nn. 1, 2 e 3, non ha sancito una presunzione legale di comunione delle stesse, come erroneamente si è affermato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha disposto che detti beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall'usucapione”.
Il fatto che si tratti di condominio sui beni e non di presunzione di condominialità, proseguono le Sezioni Unite, lo si può desumere anche dal fatto “che nel codice si parla esplicitamente di presunzione ogni qual volta con riguardo ad altre situazioni si è voluto richiamare questo mezzo probatorio (v. art. 880, 881 e 899 cod. civ.). D'altra parte, se con la disposizione dell'art. 1117 si fosse effettivamente prevista la presunzione di comunione, si sarebbe ammessa la prova della proprietà esclusiva con l'uso di qualsiasi mezzo e non soltanto con il titolo”.
Se così stanno le cose, perché nel corso degli anni fino al 1993 (ma in verità anche dopo), s’è sempre continuato a parlare di presunzione di condominialità?
Gli ermellini, nella sentenza n. 7449 specificarono che “con le pronunce di questa Corte nelle quali è stato richiamato il concetto di presunzione, non si è inteso affermare che la prova della proprietà esclusiva delle cose comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. possa essere fornita con ogni mezzo e non con il solo titolo cui la norma espressamente si riferisce, ma si sono volute escludere dallo stesso complesso delle cose comuni quelle parti che per le loro caratteristiche strutturali risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari di un determinato edificio. In altri termini, ritenendosi in tali decisioni che "la destinazione particolare vince la presunzione legale di condominio alla stessa stregua di un titolo contrario", benché si sia richiamato erroneamente il concetto di presunzione, del tutto estraneo alla norma dell'art. 1117 civ., si è pero, enunciato anche il principio, indubbiamente corretto, secondo cui una cosa non può proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva per le sue caratteristiche strutturali soltanto all'uso e al godimento di una parte dell'immobile oggetto di un autonomo diritto di proprietà”(così Cass. SS.UU. 7 luglio 1993 n. 7449).
Insomma per le Sezioni Unite il riferimento alla presunzione di condominialità era improprio.
Sta di fatto che dal 1993 ad oggi non sono mancate le sentenze nelle quali si faceva riferimento a tale presunzione, a dire il vero quasi tutte le pronunce reperibili parlano di presunzione di condominialità e non di condominialità vera e propria.
Di recente, in un caso risolto sempre dalla Cassazione con la sentenza n. 822 del 16 gennaio 2014, il ricorrente chiedeva l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite: a suo modo di vedere v’era un contrasto tra quanto affermato nella sentenza n. 7449/93 e quelle successive nelle quali quasi sempre si faceva riferimento al concetto di presunzione di condominialità.
La Cassazione ha ritenuto di non dover investire della questione la sua più alta espressione.
Motivo?
Non c’è nessun conflitto; secondo i giudici, infatti, “la giurisprudenza ha affermato principi che non sono in conflitto tra loro, che anzi si integrano gli uni con gli altri; ed infatti: 1) nel caso di parti astrattamente comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. destinate per le loro caratteristiche a servire tutte le unità immobiliari presenti nel condominio, la condominialità può esser esclusa solo in base a titolo contrario (Cass. n. 27145/2007); 2) nel caso di parti rientranti tra quelle elencate all'art. 1117 c.c., ma funzionalmente destinate a servire solo alcune unità immobiliari, la condominialità non è mai sorta e quindi va esclusa senza bisogno di titolo contrario (Cass. n. 17993/2010)” (Cass. 16 gennaio 2014 n. 822).
Che è poi quanto detto nel lontano 1993 dalle Sezioni Unite e quindi verrebbe da concludere che il presunzione di condominialità ancora viene usato in modo improprio, anche nella stessa sentenza n. 822 che, più per risolvere la controversia sottopostale, fa riferimento proprio a tale concetto.
Condominio Web
Fonte : condominioweb.com
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