Acqua con concentrazioni di arsenico, risarcimento del danno e profili di responsabilità in ambito condominiale. Alcune riflessioni.
09/10/2013
di Daniela Sibilio
La società che, in forza di un contratto di somministrazione, eroghi acqua non potabile - mostrando quest’ultima concentrazioni di arsenico e fluoruri oltre i limiti di legge - è tenuta a risarcire gli utenti per l’acquisto di bottiglie di acqua minerale cui sono stati costretti. Gli utenti, del resto, hanno diritto a vedersi dimezzare anche l’importo del canone idrico dovuto nel periodo in cui le autorità pubbliche hanno accertato la non potabilità dell’acqua.
È quanto emerge dalla recente sentenza n. 895/13, pubblicata dal Giudice di Pace di Viterbo lo scorso 25 settembre.
In particolare, il G.d.P. ha evidenziato che l’obbligo della società erogatrice al risarcimento del danno deriva dall’inadempimento nella esecuzione del contratto di somministrazione. Difatti, la non potabilità dell’acqua ha costretto gli utenti ad acquistare, per uso alimentare, bottiglie di acqua minerale (per un totale di spesa che, secondo i danneggiati, ammonterebbe a 438 euro l’anno per ciascun membro della famiglia). Tuttavia, l’oggettiva difficoltà riscontrabile nella puntuale ricostruzione dell’entità dei ripetuti acquisti pro-capite, ha indotto il magistrato a liquidare il danno in via equitativa. La somma risarcitoria è stata così determinata in euro 1000 per ciascuno degli attori.
Questi ultimi, del resto, avendo comunque usufruito del servizio per usi differenti da quello alimentare, sono tenuti a versare al somministrante il 50 per cento del canone idrico dovuto nei periodi in cui è stata accertata la non potabilità dell’acqua.
I precedenti. Non si tratta della prima sentenza di questo genere. Sulla stessa linea si segnala un provvedimento emesso dal Giudice di Pace di Civita Castellana, il quale ha stabilito che “se vengono riscontrate nell’acqua tracce di arsenico il canone va pagato a metà, quello invece per la depurazione resta in stand-by”. Il giudice ha provveduto, in tale circostanza, ad accogliere la domanda poiché, come risultava dalle ordinanze comunali, l’acqua non era potabile ed il ricorrente usufruiva di un servizio limitato che determinava la riduzione dei canoni pagati.
Profili di responsabilità in ambito condominiale. Il recente intervento giurisprudenziale fornisce lo spunto per un ulteriore approfondimento: ci si domanda quali soggetti possono essere individuati come responsabili nell’eventualità in cui “dal rubinetto di un’abitazione condominiale sgorghi acqua insalubre”.
Responsabilità degli acquedotti. Con D. Lgs. n. 31/2001, così come modificato dal D. Lgs. n. 27/2002, sono stati introdotti limiti notevolmente più severi in relazione a svariate sostanze che non possono essere presenti nelle acque. Una delle principali novità, inoltre, concerne la responsabilità degli acquedotti per la qualità dell’acqua che distribuiscono fino al contatore principale dell’abitazione.
Responsabilità dell’amministratore. La stessa qualità dell’acqua deve essere preservata fino ad ogni rubinetto delle singole abitazioni. A tal riguardo si ricorda che, in forza del D. Lgs. n. 27/2002, “per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico, il titolare ed il responsabile della gestione dell’edificio o della struttura devono assicurare che i valori fissati nell’allegato 1, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto”. In altri termini, risulta difficile attribuire al gestore della rete distributiva la responsabilità di un eventuale deterioramento dell’acqua generato, al contrario, dalla rete distributiva interna di un edificio non di sua proprietà. In tale eventualità è possibile ravvisare una responsabilità dell’amministratore, relativamente al tratto di competenza condominiale.
Per evitare possibili addebiti di colpa, l’amministratore deve:
monitorare la situazione dei tubi dell’acqua;
individuare eventuali anomalie;
nelle situazioni più urgenti, intervenire nell’immediato per ripristinare la salubrità dell’acqua, anche senza il consenso assembleare, trattandosi della salute dei condomini;
provvedere alla risistemazione/sostituzione delle tubature, previa consultazione dell’assemblea condominiale.
Si ricorda che l’amministratore condominiale risulta responsabile anche dei controlli sui depositi d’acqua, come cassonetti e autoclavi.
Appare doveroso sottolineare che, allorquando l’acqua sgorghi inquinata dal rubinetto di casa e la contaminazione non sia imputabile a controlli carenti degli impianti condominiali, non è ravvisabile una responsabilità civile o penale dell’amministratore del condominio. È questo il caso del fenomeno dell’acqua che presenti concentrazioni di arsenico oltre i limiti di legge.
Responsabilità della pubblica amministrazione. Con sentenza n. 664 del 2012, il TAR Lazio ha condannato i Ministeri della Salute e dell'Ambiente a risarcire gli utenti dell’acqua di varie regioni (Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) con 100 euro al cittadino. Con la summenzionata sentenza è stato ribadito un fondamentale principio in forza del quale: “fornire servizi insufficienti o difettosi o inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno alla vita di relazione, stress e rischio di danno alla salute”.
Fonte : condominioweb.com
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