venerdì 15 novembre 2013

Offendere è un reato. Ma tra condòmini no. O quasi

Offendere è un reato. Ma tra condòmini no. O quasi…

14/11/2013
Avv. Mauro Blonda 

Non sempre l’ingiuria al vicino di casa è punibile: vediamo perché.
 
L’assemblea di condominio: dove il confronto diventa battaglia
La vita di condominio, si sa, spesso non è facile ed i rapporti con gli altri condomini sono molte volte connotati da astio e litigiosità al punto da sfociare in battibecchi che possono purtroppo anche assumere connotati davvero fastidiosi, arrivando finanche a dar vita ad episodi spiacevoli e comportamenti biasimevoli. Chi vive la realtà condominiale sa bene, ad esempio, quanto le assemblee di condominio si trasformino da luogo del confronto tra le opposte esigenze e visioni delle cose a teatro di vere e proprie battaglie verbali (e non solo…): i non più giovanissimi ricorderanno una celebre scena di un film della saga di Fantozzi in cui veniva dipinta, con colori certamente molto forti e poco realistici, quello che accade in una “normale” riunione condominiale, dove pacati e taciturni inquilini si trasformano al “pronti-via” in battaglieri combattenti disposti a tutto pur di sopraffare il condomino di turno.
 
Orbene, seppur tale rivisitazione cinematografica sia evidentemente colorita e volutamente esagerata, essa ha tuttavia il merito di dare una pur eccessivamente esagerata idea di quello che accade durante una riunione di condominio: proprio in questa sede, infatti, il confronto tra i coinquilini raggiunge i livelli di maggiore pericolosità perché rancori e rabbie per quelli che vengono ritenuti soprusi o cattiverie trovano il momento per essere esternati, incolpandosi a vicenda ed arrivando così facilmente ad aggressioni soprattutto verbali, con inevitabili conseguenze di carattere penale.
 
L’ingiuria quale mezzo di confronto
Il confronto, a volte aspro, tra condomini non si limita certo ai momenti di riunione condominiale ma è in questa sede che più facilmente esso si manifesta in tutta la sua veemenza: durante le assemblee è fin troppo facile che le opposte idee vengano esposte con crescente veemenza e che l’astio reciproco che eventualmente cova tra i presenti trovi uno sbocco naturale.
Così, tra accuse e recriminazioni, il passo verso l’offesa e la diffamazione è davvero breve.
 
Questa situazione, naturalmente, coinvolge tutti, amministratore compreso: questi è infatti spesso il bersaglio preferito dalle accuse, naturale punto di riferimento cui addossare quelle che ciascun condomino ritenga colpe o mancanze da parte della comunità condominiale, o, più frequentemente, additato per le sue ritenute incapacità.
 
In scenari di questo tipo è quindi purtroppo facile che tra accuse, anche reciproche, e repliche, più o meno fondate, volino parole grosse, anche troppo: gli animi si surriscaldano, la ragione inizia a venir meno e le ragioni lasciano il posto presto alle offese.
 
Le ingiurie, così, prendono il posto di un confronto che sarebbe dovuto essere pacato e franco e le offese diventano l’unico strumento con cui ciascuno cerca di far valere le proprie ragioni o rispondere alle altrui pretese e rivendicazioni: i diverbi assumono quindi rilievi e risvolti penalistici dei quali è opportuno chiarire le conseguenze e peculiarità.
 
Le conseguenze dell’ingiuria e l’esimente di cui all’art. 599 cod. pen.
È notorio che offendere l’altrui reputazione, il decoro, l’onore o l’onorabilità costituisce il reato previsto dall’art. 594 del codice penale, ovvero appunto quello di ingiuria, punito nelle ipotesi base con una multa che può arrivare a 516,00 euro e finanche con la reclusione fino a 6 mesi. Ma le conseguenze sono di norma anche peggiori: basti pensare al risarcimento dei danni in favore dell’offeso che spesso consegue al riconoscimento della responsabilità per il reato in questione, oltre al rimborso delle spese processuali che fa da contorno ad un piatto che, quindi, assume un sapore davvero salatissimo.
 
Delle situazioni più comuni in ambito condominiale e delle loro conseguenze, anche patrimoniali, si è già parlato nell'articolo "Dare della zingara alla tua vicina ti costa 5.700 euro", ma quello che non tutti sanno è che non sempre offendere equivale ad ingiuriare.
 
L’art. 599 cod. pen., infatti, prevede ipotesi di esclusione di responsabilità per comportamenti che, pur costituendo offese all’onore o al decoro di qualcuno (ed integrando quindi gli estremi del reato in parola),  tuttavia non sono punibili: la ritorsione e la provocazione.
È il classico caso delle offese reciproche o delle ingiurie proferite in un contesto di reciproci atteggiamenti ostili ed offensivi: il Legislatore ha inteso escludere la punibilità per le affermazioni ingiuriose espresse in simili contesti, rappresentando tali ipotesi “un caso eccezionale di rinunzia da parte dello Stato alla potestà punitiva, in quanto ciascuna offesa è considerata pena dell’altra e quindi non è più necessaria l’applicazione di una pena per ristabilire l’ordine violato”, come ribadito in una recentissima sentenza della Cassazione (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 45150 dell’8/11/2013).
 
Non conta chi ha offeso per primo: la reciprocità annulla le offese.
L’applicazione di questa speciale causa esimente (cioè giustificativa) è di carattere pressoché assoluto, prescindendo cioè da concetti quali la proporzionalità e temporalità delle offese: in sostanza, in caso di ingiurie reciproche, nessuno degli offendenti sarà di norma punibile, indipendentemente dalla proporzionalità o meno tra le reciproche offese ed anche chi tra i due sia stato il primo a trascendere nelle espressioni sarà scusabile: “è, infatti, pacifica affermazione giurisprudenziale che la causa di non punibilità in questione è applicabile anche a chi, nell'ordine cronologico della vicenda, abbia ingiuriato per primo” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 874 del 23/01/1992).
 
Questo è il costante pluriennale orientamento della Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. V, 21/10/2009; Cass. Pen., Sez. V, 10/07/2002; Cass., Pen., Sez. V, 11/12/1987; Cass. Pen., Sez. V, 13/11/1991), ricordato nella recente pronuncia n. 45150, ove viene ribadito il principio di diritto secondo il quale “non è giusto punire colui che ha risposto all’ingiuria in quanto egli in luogo di offendere ha punito; così come non è giusto punire colui che ha ingiuriato per primo, poiché con la ingiuria ricevuta (successivamente, n.d.r.) ha già subito una pena, ferma restando la discrezionalità rimessa al giudice” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 45150 dell’8/11/2013). Pertanto “tale reciprocità giustifica la rinuncia dello Stato alla potestà punitiva, elidendosi, in buona sostanza, le due offese” (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 874 del 23/01/1992).
 
È comunque importante rimarcare che tutto ciò non significa però libertà di offesa, poiché la punibilità per le ingiurie resta intatta ed inalterata: tuttavia, ove le ingiurie siano proferite in un contesto di reciproche offese, queste ai fini penalistici generalmente si annullano a vicenda, ferma restando l’importanza preminente della discrezionalità con cui il giudice chiamato a decidere della vicenda valuterà i comportamenti complessivi delle parti in causa e determinerà se vi sia stata effettivamente reciprocità e quindi giustificabilità di entrambe le condotte ingiuriose.


FONTE : condominioweb.com

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